Lavorare nell’Emergenza: «consapevoli di essere soli»

Carenza di infermieri, esodo dei medici, strutture inadeguate, insufficienza di posti letto e una rigida riorganizzazione dovuta alla fase pandemica. E, soprattutto, fondi sempre insufficienti. A risentirne in primis è la rete dell’Emergenza-Urgenza e le strutture di Pronto Soccorso. Una operatrice ha accettato di rispondere alle nostre domande

Il punto nevralgico del nostro sistema sanitario, la rete dell’Emergenza-Urgenza e, in particolare, le strutture di Pronto Soccorso, è al collasso. La denuncia non arriva solo dagli utenti ma dagli stessi protagonisti del complesso “mondo” della sanità pubblica.
Ad andare ormai cronicamente in tilt sono proprio le strutture di Pronto Soccorso che spesso non riescono a sostenere il boom di accessi. Un problema da inquadrare non solo nella carenza dei “numeri” sopraelencati ma anche nella ormai discutibile gestione delle urgenze, tra le principali cause dei numerosi disagi che si manifestano nelle strutture ospedaliere di tutta la Penisola, con il Sud in prima fila.
Lavorare oggi in un Pronto Soccorso è estremamente difficile, si tratta ormai di vere e proprie trincee di guerra, dove molti cittadini sono costretti a stazionare per giorni a causa dell’impossibilità di trovare uno stato di degenza adeguato e di ricevere quindi risposte e cure tempestive.
Dopo vani tentativi di intervistare i lavoratori attivi in questo settore così cruciale, abbiamo incontrato un’operatrice di Pronto Soccorso che ha accettato di rispondere alle nostre domande in forma anonima. Evidentemente esporsi in prima persona, in questo momento così delicato, potrebbe comportare dei problemi a questa classe lavoratrice già parecchio in difficoltà.

Per chi opera come te al 118, cosa rappresenta lavorare e vivere quindi ogni giorno con “l’emergenza”?

Il ruolo dell’infermiere è stato sempre qualificato o meglio denominato come un lavoro……

di Veronica Rodorigo