Da “buttafuori” ad Addetti ai Servizi di Controllo

Tra storia e mito

Da quando l’uomo ha costruito le porte d’ingresso, ha poi posto qualche suo simile per garantire un accesso sicuro ed impedire che entrassero ospiti non graditi.
In Italia, dagli anni 60 del secolo scorso fino al 2009, chi garantiva l’accesso o espelleva persone non gradite dai luoghi di divertimento è stato definito “buttafuori”. Tradizionalmente il buttafuori era un professionista delle selezioni di ingresso o dell’allontanamento dei clienti molesti, a volte, questi compiti erano svolti da professionisti navigati senza alcuna violenza, a volte, da ragazzotti pronti a menare le mani, con metodi più sbrigativi. A volte un mix dei due casi.
Per tradizione la professione del buttafuori è collegata alle arti marziali, alla pesistica e alla percezione di un certo machismo, uniti in giovani e meno giovani molto prestanti, sempre più risoluti. La cinematografia dedica il giusto omaggio a questa attività da “The Bouncer”, allo splendido “Il duro del Road House” che concilia, nei protagonisti, grande acume professionale nella sicurezza e una grande capacità di utilizzare i pugni.
Il decreto ministeriale del 6 agosto 2009, meglio conosciuto come “Decreto Maroni” manda in pensione la tradizione italiana del “buttafuori” insieme all’aspetto romantico della professione. Il decreto ministeriale spesso definito degli “ex buttafuori”, ne cambia il nome in “Addetti ai Servizi di Controllo” e soprattutto li inquadra giuridicamente, ne individua le funzioni, trasformando radicalmente la professione. Anche se probabilmente manca nell’individuarli quali “incaricati di pubblico servizio” considerando che, in alcuni servizi (es. nei concerti), svolgono davvero un “servizio pubblico”. In fondo cooperano per garantire la libera fruizione di un servizio, collaborano cioè con gli addetti al mantenimento dell’ordine pubblico a proteggere un bene immateriale quale appunto il diritto ad assistere ad un evento che richiama un gran numero di fruitori.
L’illegalità è un fenomeno diffuso nel settore, si stima che i “buttafuori” illegali (non formati e non iscritti negli appositi albi depositati nelle Prefetture) siano il 30%, con punte che possono arrivare all’80% in alcune zone del Sud Italia.
Porzioni di illegalità si ritrovano anche in tutti quei settori (dai ristoranti, ai cocktail bar o agli stabilimenti balneari) che s’improvvisano discoteche – in particolari serate o in periodi dell’anno – per la cui sicurezza non vengono impiegati legittimi A.S.C. ma operatori della security (almeno cosi scrivono sulle magliette) senza nessuna preparazione e licenza.

La normativa

L’addetto ai servizi di controllo (A.S.C.) è maggiormente impiegato nelle discoteche nei concerti e più in generale in tutte quelle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi. Purtroppo molto spesso viene utilizzato impropriamente e illegalmente, anche dove non si tratta di “sicurezza e controllo” bensì di vigilanza e custodia di beni mobili e immobili che invece sono ad esclusivo appannaggio delle Guardie Particolari giurate (cfr. 133 e 134 TULPS). I compiti che un A.S.C. deve svolgere sono rigidamente previsti dalle norme e si sostanziano in una serie di controlli e attività:

  1. a) controlli preliminari-
  • osservazione sommaria dei luoghi per verificare la presenza di eventuali sostanze illecite o oggetti proibiti, nonché di qualsiasi altro materiale che possa essere impropriamente utilizzato mettendo a rischio l’incolumità o la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle Forze di polizia e alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti;
  • adozione di ogni iniziativa utile ad evitare che sia creato ostacolo o intralcio all’accessibilità delle vie di fuga e comunque a garantire il regolare svolgimento delle attività di intrattenimento;
  1. b) controlli all’atto dell’accesso del pubblico –
  • presidio degli ingressi dei luoghi e regolamentazione dei flussi di pubblico;
  • verifica dell’eventuale possesso di un valido titolo di accesso qualora previsto e, nel caso di biglietto nominativo o di un’età minima prevista per l’accesso, verifica del documento di riconoscimento, e del rispetto delle disposizioni che regolano l’accesso;
  • controllo sommario visivo delle persone, volto a verificare l’eventuale introduzione di sostanze illecite, oggetti proibiti o materiale che comunque possa essere pericoloso per la pubblica incolumità o la salute delle persone, con obbligo di immediata comunicazione alle Forze di polizia ed alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti;
  1. c) controlli all’interno del locale –
  • attività generica di osservazione per la verifica del rispetto delle disposizioni, prescrizioni o regole di comportamento stabilite da soggetti pubblici o privati;
  • concorso nelle procedure di primo intervento, che non comporti l’esercizio di pubbliche funzioni, né l’uso della forza o di altri mezzi di coazione o l’esposizione a profili di rischio, volto a prevenire o interrompere condotte o situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità o la salute delle persone.

Da quello che si evince l’A.S.C. ha compiti preventivi, tramite l’osservazione e la gestione degli accesi e del deflusso, disinnesca ogni attività pericolosa posta in essere dai fruitori dello spettacolo. Non prende persone, non le caccia via, non le picchia, soprattutto non le tratta male. Questo è un punto fondamentale perché se è vero che certi “buttafuori” frustrati da una vita miserrima tentano di rifarsi, in maniera violenta, su ragazzini irruenti che non hanno ancora capito le regole del vivere civile, il loro vero ruolo è quello di mediare ed indirizzare. Un compito più formativo che repressivo, dove l’A.S.C. fa rispettare le regole con gentilezza ed autorevolezza, non con autorità e violenza, senza mai mettersi in pericolo. Questo non vuol dire che l’A.S.C. è una specie di missionario pacifico che deve subire delle angherie da chiunque, ma neanche uno che i problemi li crea. E’ piuttosto uno chaperon che accompagna i clienti a godersi lo spettacolo in tranquillità e sicurezza. La sua arma migliore è la “gentile fermezza”, ovvio, se aggredito nessuno gli vieta di difendersi. Difendersi però non è “attaccar briga”.
L’A.S.C. con la sua presenza non deve costituire un “presidio”, militarizzando l’area e guardando gli avventori come nemici ma deve fornire una sensazione di sicurezza all’interno della quale il divertimento è senza rischi.
E’ molto utile per un A.S.C. prefigurare – inoltre – i possibili interventi attagliando al luogo dove si sta prestando la propria opera e anticipare mentalmente il miglior modo d’azione.

Le “armi” dell’Addetto ai Servizi di Controllo

Per svolgere queste attività di controllo, a norma dell’art. 6 del DM 6 agosto 2009, gli operatori devono essere disarmati anche se titolari di licenza per il porto d’armi e non possono portare altre armi, oggetti atti ad offendere e qualunque altro strumento di coazione fisica. In pratica, non solo non possono portare armi da sparo (le uniche per cui esiste una licenza) ma neanche taser, tirapugni, manganelli o coltelli. Non possono portare torcioni (es. torce-manganello), mazze di ogni genere o strumenti per arti marziali (es. kubotan). Vietate anche manette e fascette. La normativa non vieta lo spray al peperoncino (di cui al dm 103/2011), quello non assimilato né alle armi, né agli strumenti atti ad offendere, in grado di nebulizzare una miscela irritante a base di oleoresin capsicum e che non ha attitudine a recare offesa alle persone e deve avere le seguenti caratteristiche:

  1. a) contenere una miscela non superiore a 20 ml;
  2. b) contenere una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10 per cento, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5 per cento;
  3. c) la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici;
  4. d) essere sigillato all’atto della vendita e munito di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale;
  5. e) avere una gittata utile non superiore a tre metri.

Ovviamente l’uso è consigliato esclusivamente all’aperto (mai al chiuso, a causa del panico che potrebbe far sviluppare una sostanza urticante nell’aria) e obbligatoriamente limitato solo per sottrarsi a una reale minaccia e nei casi previsti dall’art. 52 C.P., cioè ad un’aggressione che ponga davvero gravemente in pericolo la propria incolumità.

Un lavoro di testa e non di mani

Seppur dopo più di 10 anni dall’emanazione del decreto ancora nelle discoteche, o nei luoghi di divertimento ancora persistano operatori – perlopiù illegali – muscolosi e pronti ad usare la forza (più che il cervello), con la capacità comunicativa di un macaco, il trend sta decisamente virando verso operatori della sicurezza formati, consapevoli nel proprio ruolo, senza nulla togliere alla loro capacità di difendersi. In questa ottica, un grande aiuto è dato dal non trascurabile apporto delle donne che si affacciano a questa professione.
Il decreto ministeriale ha posto grande attenzione rispetto alla formazione professionale di cui purtroppo i buttafuori erano assolutamente carenti. Ovviamente alcuni istituti di formazione sono più seri e garantiscono un’istruzione adeguata, altri – con corsi raffazzonati e spesso on-line – aggiungono poco al bisogno formativo di questi professionisti della security.
Chi frequenta un corso didatticamente valido saprà come muoversi con sicurezza, in una cornice giudica certa ed imparerà che un Addetto ai Servizi di Controllo non lavora con buttafuori illegali e gestori poco chiari.

Il lavoro: tra nero e illegalità

Purtroppo la professione dell’Addetto ai Servizi di Controllo è ancora legata ad un mondo sommerso, spesso fatto di doveri non conosciuti, quanto di diritti inesistenti. Si va da stranieri scultorei che non parlano l’italiano, sottopagati ed utilizzati come carne da macello, a ragazzotti ai quali viene imposto di far rispettare regole che non esistono (ad esempio divieti di parcheggio imposti a chiunque, per far parcheggiare clienti VIP) e di non rispettare regole che – invece – sono normate (ad esempio, non segnalando alle forze di polizia eventuali spacciatori). Schiavi, non prestatori d’opera, che ubbidiscono a quello che gli viene detto, spesso violando le norme giuridiche più elementari. In mezzo, una jungla di trattamenti economici, da quelli legali del CCNL, alle 30 euro a serata, in nero.
E’ anche vero che un A.S.C. professionista non ha molto mercato, costa di più, rispetta la legge e soprattutto dice “no” quando gli viene chiesto di fare qualcosa che è illegittimo. Questo è sicuramente dovuto a quella percentuale minoritaria di datori di lavoro che sfruttano manodopera non professionale e alla carenza di controlli (che spesso sono molto complessi) da parte dell’Autorità. Però dipende anche da tutti quegli Addetti ai Servizi di Controllo che in forma singola o associata non denunciano le storture del sistema.
Un A.S.C. legale (in possesso di attestato e regolarmente iscritto nell’apposito elenco della Prefettura) costa almeno 55 a serata (di circa 8 ore) fino ad arrivare ai 150/200 di un caposervizio, un illegale costa pochissimo, si può reclutare un possente africano o un est europeo con 25 .
Diritti e reddito arriveranno per gli A.S.C. quando la professionalità sarà un must e non un optional o peggio un problema.
Il passaggio alla professionalità sarà sancito quando – negli annunci di lavoro per “buttafuori”- non sarà più richiesto il fisico palestrato e le arti marziali, ma (oltre all’iscrizione nell’elenco degli A.S.C.) le capacità relazionali e comunicative in primis, il possesso di attestati utili (antincendio, BLSD etc.) e solo in ultimo una idonea presenza fisica.

Il senso del controllo

L’Addetto ai servizi di controllo:

  • Fa rispettare le regole di altri e non le proprie. Regole che gli vengono affidate e che non sono in contrasto con la legge (es. rispetto della capienza massima). La legge è scritta in norme e non inventata sul momento, in base agli umori del datore di lavoro o dell’operatore.
  • Applica le stesse regole a tutti senza discriminazione alcuna. Tranne se non obbligatoria per legge come, ad esempio, il possesso del Green Pass, oppure se stabilita dall’accordo che viene stipulato con i clienti come, il dress code (che deve essere applicato a tutti e non solo a chi è poco simpatico) o il target (es. serate solo uomini o solo donne).
  • Agevola la fruizione di un diritto. Perché in fondo divertirsi è un diritto degli adulti e dei bambini. Per questi ultimi addirittura l’art. 31 della Dichiarazione ONU diritti del Fanciullo recita: “Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali”. Si ricorda che si è bambini fino al compimento della maggiore età.
  • Lavora. – L’A.S.C. presta un’opera professionale, durante il servizio non beve alcolici, non sonnecchia, non “rimorchia” e non si apparta per un momento erotico. Ai sensi del D.Lgs. 81/08 – quando possibile – si può (e si deve) rinfrescare, espletare bisogni fisiologici, idratare e nutrire. Può scaricare la schiena (dopo del tempo in piedi) e trovare una postura confortevole ma efficiente per intervenire.

Divertimento e sicurezza vanno di pari passo

Se è un diritto divertirsi lo è anche farlo in sicurezza, senza che nessun “buttafuori” rovini i momenti di svago. L’A.S.C. lavora, rimuovendo tutte le cause ostative, affinché si possa usufruire del divertimento in sicurezza, così come sembra suggerire l’art. 6 della Carta europea dei diritti: “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza”. Per questo motivo, l’addetto ai servizi di controllo è un facilitatore di divertimento in sicurezza, di certo non un “buttafuori”. Diventa un “buttafuori” come extrema ratio quando il cliente diventa pericoloso per sé e per altri, quando l’autorità di Pubblica Sicurezza non può intervenire prontamente, quando non intervenire creerebbe un profilo di rischio maggiore. Se succede tutto questo però è perché qualcosa non ha funzionato prima.
L’A.S.C. ripudia la violenza. La violenza è sempre una sconfitta anche per chi vince poiché – comunque – si subiscono danni o si rischia di subirne, senza per questo ottenere vantaggi professionali o economici.
La sconfitta crea rabbia e desiderio di vendetta, per cui crea un nemico. Un nemico è sempre una minaccia alla sicurezza, alla professione, o al reddito.

Dal punto di vista operativo l’A.S.C. è:

  • Gentile – E’ estremamente difficile essere violenti o scortesi con una persona che dimostra gentilezza nei nostri confronti. I Sorrisi, le strette di mano, i pollici alzati sono i benvenuti nel rafforzare un comportamento virtuoso o nel salutare dopo aver fermato un comportamento pericoloso.
  • Empatico – Mettendosi nei panni dell’altro, l’operatore riesce a capire istanze e malumori dell’altra parte, che da un lato si sente compresa e di conseguenza non ha motivi di agire violenza e dall’altra, ritrova nell’A.S.C. qualcuno che può risolvere il problema che causa quel malessere.
  • Comunicativo – L’A.S.C. è sempre pronto a comunicare, mai aggressivo, da informazioni, lascia sfogare rabbia, spiega procedure. Quando la musica è troppo alta, lo fa con la comunicazione non verbale, dove il sorriso la fa da padrone.
  • Disponibile – l’A.S.C. deve agevolare la fruizione di un diritto, non ostacolarlo, per cui permette la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono il libero accesso a quel diritto. Per questo l’indirizzo è win/win dove tutti “vincono”, grazie al buon lavoro dell’addetto. L’A.S.C. non impone, facendo subire allo spettatore la sua decisione (win/lose) ma indirizza la sua opera affinché la sicurezza sia preservata e il cliente contento.
  • Problem Solving – Spesso la disponibilità e l’empatia non bastano ma serve un’attivazione che porti a risolvere un problema. La risoluzione è confinata nella cornice di sicurezza, predisposta dagli organizzatori ed avallata dal capo servizio ma quasi sempre con un piccolo sforzo e un’intuizione si risolvono problemi che sembravano insormontabili. Dall’accesso e ad una buona sistemazione delle persone disabili, fino all’accontentare la giovane fan di un cantante.
  • Fermezza – Questa proviene dalla professionalità (cioè dall’esperienza, dalla capacità personale e dalla conoscenza delle norme), poiché quando la sicurezza è messa in pericolo l’A.S.C. ha il dovere di intervenire –senza mettersi a rischio – ma non permettendo il proseguo di comportamenti pericolosi. Da questo punto di vista è fondamentale ricordare l’equazione della sicurezza: 1=0. Non si fanno mai (tranne rari casi) interventi da soli.
  • Coraggio – L’A.S.C. professionale non si nasconde nelle situazioni d’emergenza e non ha paura d’intervenire, lo fa nei limiti e nei modi previsti dalla legge. Nel caso la situazione sia più grande di lui, chiede aiuto ad altri colleghi o alle forze dell’ordine. Altresì non ha paura a denunciare gli illeciti amministrativi (per iscritto alla Divisione PAS delle Questure) o gli illeciti penali (alla Polizia Giudiziaria). Non dimenticando le possibilità che la legge gli fornisce, ad esempio, lo spaccio di sostanze stupefacenti, che è uno dei problemi più gravi e minacciosi per la sicurezza, è un reato da arresto facoltativo da parte dei privati, ai sensi dell’art. 383 c.p.p.
  • Attenzione – L’A.S.C. disinnesca i comportamenti pericolosi, prima che questi accadano e fa in modo che non sfocino in situazioni peggiori. La rissa si disinnesca prima che la violenza venga agita, non diventando corrissanti.
  • Attenzione 2 – Non si può pretendere che gli avventori siano tutte persone perbene o che sappiano limitare i comportamenti a rischio, per questo è necessario considerare più ambiti di pericolosità: dal cinquantenne ubriaco che vive un “sabato da leoni”, alla ragazzina che a causa dell’alcool (o magari dopo l’assunzione di droghe) è incapace di intendere e volere e rischia lo stupro di gruppo.
  • Attenzione 3 – L’A.S.C. è attento al comportamento delle persone e ne valuta il possibile futuro comportamento, tramite i segnali esteriori: il modo di vestire, gli accessori ( braccialetti cinta etc), l’aspetto (dal taglio dei capelli, al tipo di tatuaggi), la frequentazione con il bancone bar e con il bagno, la comunicazione non verbale (il modo di guardare, il modo di gesticolare, la tonalità della voce). Aspetti esteriori che danno informazioni sul possibile comportamento sono anche il gruppo sociale a cui l’avventore appartiene (studenti, ultras, bikers,) o il tipo di evento a cui si è chiamati a fare sicurezza (probabilmente c’è differenza tra il festival del frullato di verdure e quello della birra triplo malto).
  • Attenzione 4. Avvicinarsi o farsi avvicinare, a meno di un metro e mezzo, vuol dire esporsi ad un pericolo immediato. Nel caso di un’aggressione, essere più vicini di un metro e mezzo vuol dire accettare il rischio di poter essere colpiti con un pugno un calcio o una coltellata, prima di poter mettere in campo qualsiasi reazione. Prima di avvicinarsi, se non altro per potersi far ascoltare, è importante studiare il linguaggio corporeo dell’altro e diminuire la distanza con estrema lentezza (più ci si avvicina velocemente, più si viene percepiti come aggressivi). È ovvio che la postura dell’A.S.C. dovrà prevedere la mano debole pronta e più avanzata rispetto alla mano forte, per un’eventuale parata o blocco, mentre la mano forte sarà pronta al contrattacco e tutto dovrà essere anticipata con un sorriso tranquillizzante.

Come difendersi dai “buttafuori” abusanti

Gli addetti ai servizi di controllo devono essere in possesso (e deve essere esposto) di un tesserino interamente di colore giallo (7×10 cm) recante la dicitura «Assistenza» in caratteri facilmente leggibili di colore fluorescente rosso. Questo tesserino deve inoltre riportare:

1) Dati Anagrafici;

2) Prefettura Competente;

3) Numero di iscrizione all’elenco prefettizio;

4) Data iscrizione nell’elenco prefettizio.

Chi non è in possesso del tesserino è un abusivo e può essere denunciato alle autorità di Polizia (da chiamare immediatamente), chi, essendone in possesso, non lo espone è soggetto ad una sanzione amministrativa (chiamando sempre la Polizia).

Si chiama la polizia (immediatamente) quando l’addetto ai servizi di controllo:

  • porta armi (manganelli, coltelli etc.), o strumenti di coazione fisica (manette) o strumenti atti ad offendere;
  • non svolge i controlli previsti nel decreto ministeriale del 6 agosto 2009 (descritti in precedenza) ma ne travalica il significato e la ratio.

Di detti comportamenti del “buttafuori” che comportano sanzioni penali ed amministrative importanti, è responsabile anche il titolare del locale o gestore dell’evento.

Da non sottovalutare anche le “camicie a fiori” (persone che non vestono alla maniera degli A.S.C.), picchiatori prezzolati da titolari poco onesti che – con metodi sempre sbrigativi – usano la violenza per risolvere dispute all’interno del locale e poi si dileguano all’arrivo delle forze dell’ordine. Riprenderli con un telefonino (come riprendere i buttafuori abusanti) non è reato e consegnare il video alla Polizia è sempre raccomandato. La cronaca ci parla spesso di buttafuori violenti che vengono indagati e condannati ma sono una piccola minoranza, fortunatamente nei luoghi di divertimento dove ballano i nostri figli ci sono più professionisti che delinquenti, altrimenti, ogni sabato sera, sarebbe un’ecatombe. Per questo è necessario l’aiuto di tutti per eliminare quello “zoccolo duro” di illegali e per dare a questa professione la dignità che merita. In fondo la sicurezza dei nostri figli nei luoghi di divertimento dipende da loro.

di  Leandro Abeille e Paolo Catracchia (Presidente di Pa.Le. Formazione s.r.l.s.)

 

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