Storie di una badante al tempo di guerra

Ucraina e Italia negli occhi di una lavoratrice

Ormai sono tre mesi che le nostre vite sono cambiate al seguito della guerra in Ucraina. Direttamente o indirettamente, chi più, chi meno, ha subito l’impatto della guerra nelle proprie famiglie.

Ljubica la badante.

Ljubica (nome di fantasia per una storia vera), 54 anni, corporatura robusta, viso scavato da tante rughe che la fanno sembrare una donna di 70, mani callose, capelli sempre raccolti, icone di madonne sul suo comodino oltre ad un komboskini (corda di preghiera simile ad un rosario), vive in Italia da circa 20 anni. Fa la badante di due anziani a Napoli.
Venne in Italia alla fine del 2001, illegalmente, seguendo la sorella, che era già in Italia da qualche anno e lavorava come cameriera presso una famiglia di avvocati di Napoli, tramite quest’ultimi, era riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno. Si occupava anche dell’anziana madre dell’avvocato ma voleva tornare a casa, dalla sua famiglia: un marito e due figli. Così Ljubica venne in Italia per sostituirla, lasciando il suo lavoro in Ucraina. Ljubica era una infermiera di un ospedale di Leopoli. I suoi genitori erano possidenti di terreni e avevano anche altre proprietà, il padre era un alto funzionario russofono.
Racconta che con la caduta della Urss, tutte le ricchezze di famiglia e i risparmi di una vita sono svaniti, in un colpo solo, dal giorno alla notte.
La sua famiglia viveva una vita molto agiata, ma con la bancarotta russa, tutto cambiò, ed ormai, non avevano più nulla del loro piccolo impero familiare. Poi il tam-tam di altre donne che avevano lasciato la famiglia, per tentare la fortuna venendo a lavorare in Italia, partì prima la sorella e -5 anni dopo- Ljubica. Con i soldi guadagnati avrebbero potuto mantenere le loro famiglie.
Da allora Ljubica ha cambiato tante famiglie, i suoi datori di lavoro anziani morivano e lei poi si trasferiva da altri. Lavori presi con il passaparola o con le cosiddette “procuratrici di zona”, altre donne che sono molto in contatto con chiese e associazioni, dove molte persone si rivolgono per cercare una domestica o una badante fidata. Le ragazze pagano – a queste procuratrici – una commissione, corrispondente uno stipendio mensile, per essere piazzate a lavorare.

L’altra economia

Per ogni badante che vive in Italia, come per tutte quelle che si sono trasferite fuori dal loro paese, ci sono almeno dieci famiglie che dipendono dal loro stipendio.
Ljubica mantiene sua madre (fino a poco tempo fa c’era anche suo padre, morto di cancro) e le paga tutte le cure, privatamente, perché dice: “Io ho i soldi, pago tutto, l’Ucraina non è come Italia, da noi è tutto a pagamento”. Manda soldi anche alla famiglia della sorella Rossana e a quella del fratello Igor, oltre ai tanti nipoti figli dei fratelli. Conferma: “Io mando sempre qualche soldo a ognuno di loro, ne hanno bisogno, io no”.
Con i soldi che ha guadagnato in questi anni ha potuto comprarsi un terreno, dove ha costruito la sua casa e poi anche la casa del fratello. Ha aiutato a pagare anche i debiti e la casa della sorella e dei genitori. La sua casa l’ha affittata, non potendoci vivere, in attesa di tornarci, un giorno.
Dalle parole di Ljubica, simili a quelle di tante altre che sono venute in Italia, in questi 30 anni, sembra proprio che a mandare avanti le famiglie siano state loro: le donne. Gli uomini di famiglia vengono spesso descritti come alcolizzati, violenti, buoni a nulla. Che sia vero o falso, queste donne così lo percepiscono e poco fanno affidamento sull’altro sesso. Ljubica, afferma: “mio fratello è un egoista, spende tanti soldi, ma io lo aiuto comunque. Che devo fare?”. Sono consapevoli – ognuna di loro – che stare in Italia, o in qualsiasi altro paese d’Europa, dove i diritti sono rispettati e il welfare garantito, è un privilegio, ma stare lontani da casa “è un sacrificio che ‘questi’ uomini non avrebbero mai fatto”.
L’Ucraina – invece – è descritta come piena di corrotti, dove la normalità è pagare il pizzo per ogni cosa, anche la più semplice.

Il ricatto morale

Lo stipendio mensile di una badante è considerato, a paragone di un normale stipendio ucraino, lo stipendio di un anno. Per cui, molte di queste donne sono considerate ricche e alle quali si può far pesare il loro cosiddetto “benessere”.
Il loro telefono squilla sempre con una chiamata di richiesta: ora per comprare la macchina al nipote, ora per contributo studi di un altro nipote, telefonino per questo, computer per quello e medicine per la mamma, pagamento per il matrimonio della nipote, pagamento per il dentista della sorella, del fratello e nipoti vari. Ljubica manda pacchi, pieni di beni di consumi italiani: pasta, vino, tonno, detersivi, piccoli elettrodomestici, utensili da cucina e da lavoro, parmigiano e formaggi vari.
In ogni città italiana c’è un bus privato diretto in Ucraina, che fa da corriere merci o di persone. I pacchi costano 1,50 euro al kg fino alla destinazione finale. Ma il loro carico è anche umano. Con lo stesso mezzo è arrivata, illegalmente, anche Ljubica e tante altre. Ljubica afferma: “Io pagato tanto, ma prezzo un di favore perché conoscevo l’autista”.

La guerra

Da quando è cominciata la guerra. Ljubica passa la sua giornata, al cellulare, rispondendo a telefonate, messaggi scritti e vocali e videochiamate, sottraendo molto tempo anche al suo lavoro di badante, perché a quelle chiamate non si può non rispondere, né dire di no. Ogni persona che conosce a Leopoli e dintorni, ha qualche richiesta. Molte delle richieste, non sono di beni di prima necessità. C’è chi le chiede quel “fragolino” che le aveva regalato a Natale, o chi le chiede quella cioccolata tanto buona che ha inviato la scorsa Pasqua, la crema per il corpo o quel tale profumo.
Arrivano anche richieste di beni essenziali come pannolini per bambini e anziani. Liubica conferma: “li mando a una mia amica che ha i figli piccoli e la mamma anziana”.
Uno dei pacchi che ha mandato era pieno di dolci, tonno perché in Ucraina costa molto e non è buono come quello italiano, detersivi per lavatrici e lavastoviglie, saponi, shampoo e prodotti per la cura personale, sedie per ufficio o apparecchi elettronici.
Da come Ljubica racconta la sua Leopoli e l’Ucraina in generale, sembra percepire che la guerra sia una situazione quasi normale, a cui i cittadini ucraini sono già abituati e convivono senza drammi o disperazione. Il nipote di Ljubica ha 24 anni, si è arruolato e durante un conflitto un fuoco è stato colpito da una bomba, perdendo l’uso delle dita, subendo fratture multiple. Ha subito varie operazioni. Ljubica ha cercato di consolare la moglie di lui: “Lei è giovane, poverina, si erano sposati da poco. Le manderò Parmigiano e vitamine che sono buone per le ossa”.

Ritorno a casa

Ljubica, ora sta ritornando a casa in Ucraina. In tempo di guerra, lascia l’Italia, posto sicuro, perché e costretta a prendersi cura della sua vecchia madre che – nel frattempo – è caduta ed ha bisogno di cure. In più ha la sorella deve operarsi e lei vorrebbe farla venire in Italia per farlo, visto che in Ucraina la (buona) sanità è a titolo oneroso. La madre si è da poco operata (a pagamento) in Ucraina, promettendo dei soldi a tutti quelli che l’hanno aiutata. Anche se c’è la guerra e gli ospedali sono pieni di feriti, se paghi, tutto si può fare.
Ljubica ha passato le ultime settimane e i suoi giorni festivi a fare pulizie presso altre famiglie, per poter portare con sé quanto più denaro possibile.
Ritornerà a ritroso con quel bus/camion che l’ha portata qui 20 anni fa.

a cura di Francesca De Biase

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