Soldi, soldi, soldi

Soldi, soldi, soldi

Chi ha tanti soldi vive come un pascià

La salute è sicuramente la prima delle qualità che si devono possedere per il benessere. Dopo arrivano i soldi. Non c’è amore, etica o valori che tengono. Con i soldi si è etici, si trova l’amore e si hanno prospettive. Almeno così pare.

Povertà dignitosa e ricchezza indegna

Secondo un rapporto di Oxfam, nei primi due anni di pandemia da Covid-19, i 10 uomini più ricchi del mondo hanno almeno raddoppiato i loro patrimoni: passati da circa 700, a circa 1.500 miliardi di dollari. “Tra marzo 2020 e novembre 2021, ogni 26 ore un nuovo miliardario si è unito ad una élite composta da oltre 2.600 super-ricchi le cui fortune sono aumentate di ben 5 mila miliardi di dollari” – questa la denuncia dell’organizzazione non governativa. Nello stesso periodo, 163 milioni di persone sono cadute in povertà.
Le banche centrali sono intervenute investendo miliardi di euro per sostenere l’economia. “Ma – secondo Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International – gran parte di queste risorse sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario”.
In Italia, la quota di ricchezza detenuta dal 5% più ricco degli italiani supera quella dell’80% più povero.

Carburanti e politiche ecologiche

Nel 2018 il prezzo della benzina oscillava tra € 1,5 e gli 1,6 (e spicci), il gasolio per autotrazione tra € 1,4 e 1,6 (e spicci), mentre il GPL tra € 0,640 ai 0,710 per litro. Il metano era tra € 0,960 ai 0,990 al Kg.
Nel 2022, la benzina è intorno agli 1,8 € al litro, il gasolio intorno agli 1,7 €, il GPL intorno agli 0,8 € al litro e il metano intorno agli 1,8 € al kg.
Facendo le adeguate considerazioni una famiglia spenderà circa 1200 € in più all’anno solo per l’autotrazione, oltre alle maggiorazioni per le merci –che viaggiano per l’80% su gomma – o per il riscaldamento.
Chi aveva una vecchia (e santa) Fiat Multipla a metano sta piangendo, perché le sue spese si sono esattamente raddoppiate. Chi ha autocarri commerciali, non potendo raddoppiare il costo delle merci che trasporta, è costretto a fermare i camion.
Su un punto ha ragione Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg, per risparmiare le emissioni di CO2 è necessario disincentivare l’uso di combustibili fossili.
Le auto elettriche sarebbero una soluzione, tuttavia, una Tesla senza troppe pretese costa più di 50.000 €, la Fiat 500 ne costa più di 23.000. Un giovane lavoratore dovrebbe lavorare dai 20 ai 50 mesi per comprarne una. È chiaro che avere una macchina ecologica è per i più abbienti che, sfiorando un telefonino da 1000 € per connetterlo con un’auto da 50.000, si sentono rinfrancati per non inquinare. Almeno non direttamente, in quanto la produzione energetica italiana è per il 60% assicurata da fonti fossili, mentre il restante, ottenuto da fonti rinnovabili, è sostenuto da sussidi.
Lo Stato, per sostenere le politiche ecologiche, colpisce duramente chi ha le auto più vecchie ed inquinanti e premia chi ha auto meno inquinanti. Il problema è che possiede auto inquinanti chi non ha soldi per comprarne una meno inquinante.
Avremo vere politiche ecologiche quando le auto meno inquinanti costeranno al massimo 5/7 volte uno stipendio medio.

Le politiche orbe: il reddito di cittadinanza

C’è chi considera il reddito di cittadinanza una specie di “voto di scambio”, nel senso che quando una forza politica promette un assegno in cambio dell’elezione dei propri rappresentanti non è diverso da chi compra un voto alle elezioni comunali. Questione di opinioni.
Secondo l’INPS, nel 2021 i nuclei percettori di “reddito di cittadinanza” hanno superato 1,59 milioni mentre 169 mila famiglie hanno avuto la pensione di cittadinanza. Quasi 3,94 milioni le persone coinvolte, cioè quelle che fanno parte di un nucleo che ha ricevuto almeno una mensilità di reddito. L’importo medio è di circa 576 € per il RdC e 280 € per la pensione, per una spesa che ha superato gli 8,79 miliardi. Considerando che 783 milioni di euro – nel solo 2021 – sono stati erogati a chi è venuto in Italia da paesi extra UE con il fine di pagarci le pensioni. Nell’87% dei casi il richiedente la prestazione risulta di cittadinanza italiana, nel 9% è un cittadino extra-comunitario in possesso di un permesso di soggiorno, nel 4% è un cittadino europeo.
Il reddito di cittadinanza è un’immissione di denaro a pioggia che al di là del ristoro momentaneo non crea alcuna ricchezza e non ha nessun ritorno economico, escluso l’acquisto di generi di prima necessità. Con la stessa cifra si sarebbero potuto finanziare, con il microcredito (con contributo a fondo perduto di 50.000 €), 174.000 Start Up, che avrebbero creato lavoro e apportato ricchezza economica nel tempo. Solo con i soldi dati agli stranieri, se ne sarebbero potute finanziarie 15.660.

Finché morte non vi separi

Al di là degli infami casi di femminicidio e di maltrattamenti familiari che sono di più, anche se in diminuzione di anno in anno, ci sono casi in cui la parte debole è maschio. Sempre più spesso per tutelare chi è statisticamente più in pericolo – le donne – ci si dimentica che non tutti gli uomini sono dei violenti. Quando si applica in maniera cieca una legislazione nata per colpire i più forti o i violenti e si va a centrare chi non lo è ed è anche povero, nascono le tragedie.
“Marco” (nome di fantasia ma storia vera) aveva una casa popolare insieme alla moglie ed al figlioletto. Il destino mette fine all’amore dei due e lui lascia la casa che viene affidata a lei. Sempre il destino fa sentire la crisi economica all’azienda dove lavora Marco e si apre la cassa integrazione. Marco è costretto a vivere in macchina e non riesce a recuperare i 400 € del mantenimento. Si organizza, tutti i mesi riesce a pagare quella somma ma poi non ha altri soldi, tanto che si vergogna di vedere suo figlio perché mangia solo nelle mense per i poveri, veste per giorni con gli stessi vestiti e non riesce a lavarsi con regolarità.
“Giovanni” (nome di fantasia ma storia vera) ha 3 figli, di cui uno con problemi psicologici, fa il muratore e vive in un alloggio popolare. Un giorno la moglie decide di essere stata picchiata e minacciata perciò scappa via di casa. All’uomo vengo tolte – in via cautelare – le armi, la custodia dei figli e la casa che viene assegnata alla donna. “Giovanni” non è stato ritenuto colpevole delle accuse fatte dalla moglie in sede penale ma un altro Tribunale – quello civile – prendendo in considerazione le dichiarazioni mosse nei suoi riguardi e supportate da Servizi Sociali schierati, lo “condanna” a vivere per strada, in una macchina scassata. Alla moglie viene affidata la casa da cui era scappata e la custodia dei figli, nonostante questi preferiscano stare col papà, che però non avendo un alloggio non è idoneo a prendersene cura.
“Matteo” (nome di fantasia ma storia vera) ha passato 10 anni di cui 7 di processi, perché accusato dalla moglie di aver abusato delle figliolette. 10 anni di ansie, di sguardi di traverso, di “secondo me è un pedofilo di merda”. Con una sentenza d’appello di condanna respinta dalla Cassazione per “illogicità”, viene di nuovo ri-processato ed assolto. La Cassazione ha respinto l’ultimo ricorso della Procura Generale che – evidentemente – voleva per forza farlo condannare. “Matteo” nonostante assolto ancora vede le figlie con i Servizi Sociali presenti e avendo perso il lavoro, a causa delle gravi accuse ricevute, vive in stato d’indigenza.
I casi di “Giovanni” e “Matteo” sono emblematici dei tanti casi di denunce – perlopiù di violenze e minacce – che ricevono alcuni mariti per avere condizioni migliori per il divorzio che poi però anche se si rivelano false rappresentano un danno insopportabile per molti uomini.
“Luca” (nome di fantasia ma storia vera) ha 46 anni, è tornato a casa della mamma che vive in una casa di proprietà in un quartiere popolare di Roma. Ha la sua vecchia stanza, si lava, la mamma settantenne ancora stira le sue cose. Vivono con la sua pensione di reversibilità, poco meno di 900 € al mese e del suo stipendio, decurtato dell’assegno di mantenimento e delle rata del mutuo, per una casa dove la moglie vive con la figlioletta ed il nuovo compagno. È in fila in una delle tante mense per i poveri, “A mamma dico che vado a mangiare una pizza e vengo a mangiare qua, cosi risparmiamo qualche euro per la spesa. Non so se mi rifarò una vita con un’altra donna, sono lussi che costano”.
Secondo i dati Eurispes, sono 4 milioni i padri separati in Italia e circa 800.000 di loro vivono sulla soglia della povertà.

La disoccupazione giovanile

Tralasciando un 22% circa di Neet (acronimo anglosassone che sta per Not in Education, Employment or Training) cioè giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, la disoccupazione giovanile nel nostro paese oscilla tra il 30 ed il 40%.
Potrebbe essere colpa dei giovani “choosy” come ebbe a dire un ministro tanto amato, oppure è un problema della scuola, oppure ancora è un problema di poveri.
I giovani saranno anche “schizzinosi” ma far lavorare qualcuno come cassiere in una panetteria, 47 ore a settimana per 130 €, non è lavoro, è schiavitù. Sicuramente qualcuno che ha estremo bisogno lo farà, riuscirà a tirare su 520 € al mese per nove ore di lavoro, 5 volte a settimana, magari gli faranno portare a casa il pane invenduto come benefit ma rimane pur sempre una paga indegna. Chissà se hanno mai offerto un lavoro simile al figlio di qualche super-ricco.
Per alcuni studiosi mancano le competenze, sono ricercati profili tecnici, siamo pieni di diplomati al classico e mancano gli idraulici. Anche questo ha un senso, gli studi classici sono il normale viatico dei figli dei professionisti, quelli che poi – alla fine – prendono una laurea e comunque trovano qualche amico di papà o mamma che gli offre un posto. Chi viene dal paesino sperduto del Sud, dopo gli studi classici, arriva all’Università in qualche facoltà umanistica che supera – brillantemente – con ottimi voti. Poi però non riesce a fare quello per cui ha studiato e che (magari) rappresenta il suo sogno. Rimane disoccupato. Certamente le facoltà tecnico-scientifiche permettono di trovare più velocemente un’occupazione, in parte perché all’estero c’è molta richiesta, in parte perché sono quelle che il mercato italiano ricerca. La dottoressa Beretta direttrice della “Harvard Brain tissue resource center” (Banca dei tessuti celebrali) coordina una ventina di ricercatori da tutto il mondo, presso l’istituto neurologico dell’università di Harvard, situato all’interno del McLean Hospital di Boston, in Italia non è riuscita a passare il concorso per custode all’Università.
La nostra Costituzione tutela il diritto allo studio, per cui chi è volenteroso e studia, alla fine riesce a laurearsi ma su due ingegneri, uno figlio di operai e l’altro figlio di costruttori, il secondo avrà vita più semplice. Un po’ come – in generale – i figli dei medici, dei notai o dei professori universitari. Questo semplice, quanto terribile assioma, i giovani lo scoprono una volta finiti gli studi, perciò i figli dell’alta borghesia romana, che frequentano un famoso liceo a due passi da Piazza S. Maria Maggiore, intonano candidamente: “Contro la scuola dei padroni, 10, 100, 1000 occupazioni”.
C’è dell’altro, i giovani italiani sono i più mammoni, lasciano la casa genitoriale mediamente dopo i 26 anni, molto al di sotto della media dell’Unione Europea. È curioso definirli “mammoni” solo perché non riescono a mantenersi, dovrebbero solo pagare 585 euro al mese di mutuo trentennale per una casa del valore di 130.000 €, 600 € al mese per la macchina elettrica da 30.000, intorno ai 600 € per il cibo, il vestiario, le spese di casa, con lo stipendio di cassiere del panettiere a 520 € al mese o da operatore dei servizi fiduciari a 750 € o da impiegato amministrativa in qualche azienda a 1000 €. Ammettendo che il mobilio e gli accessori per la casa glieli regalino e senza mai uscire per mangiare una pizza.

di Leandro Abeille

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