
Prociv Arci: prevenzione, formazione e solidarietà
L’organizzazione di volontariato per la Protezione Civile compie 40 anni. Dalle prime esperienze delle Arci nelle zone terremotate dell’Irpinia fino agli interventi nelle zone alluvionate dell’Emilia Romagna, la Prociv è ormai una realtà consolidata nel mondo del volontariato, in prima linea tanto nelle grandi calamità naturali, anche internazionali, quanto nelle piccole emergenze di tutti i giorni. Impegno, solidarietà ma anche “cultura dell’autoprotezione”
Ai più potrebbe sembrare un nome poco noto eppure tutti li abbiamo visti in azione innumerevoli volte. Li conoscono bene soprattutto quegli italiani le cui vite sono state stravolte da una catastrofe, da una calamità naturale, che hanno avuto bisogno di un riparo, di un pasto caldo, di un aiuto. Sono i volontari della Prociv Arci, organizzazione nata 40 anni fa, che al giorno d’oggi compongono una fetta non indifferente dell’ampio e variegato “universo della Protezione Civile” che oltre all’omonimo Dipartimento, conta sulla collaborazione di altri segmenti fondamentali della nostra società civile, dalle FFOO e militari ai Vigili del Fuoco, le Istituzioni locali e nazionali, finanche la Croce Rossa Italiana ed altre associazioni di volontariato. Un universo complesso, dunque, dove le difficoltà sono molte e le risorse non sempre sufficienti. “Esistere” per oltre quattro decenni è già un gran merito; “crescere”, specializzarsi e ritagliarsi un ruolo chiave nel settore delle emergenze è indubbiamente un successo.
Origini lontane
Per comprendere le radici su cui è cresciuta la Prociv Arci occorre partire dagli anni del secondo dopoguerra. Da una già lunga tradizione delle società di mutuo soccorso e dei circoli della classe lavoratrice, nel 1957 nacque a Firenze l’Arci (Associazione Ricreativa Culturale Italiana) che nel decennio successivo, mediante la sua ramificazione in innumerevoli sedi e indirizzi, si consacrò come una delle realtà più vivaci della Penisola, sia in ambito socio-ricreativo che culturale, non ultimo nel campo del volontariato.
Come si legge nel sito ufficiale della Prociv, le basi si gettarono nei primissimi anni Ottanta, in seguito al terribile sisma che sconvolse il territorio dell’Irpinia: «È da quegli stimoli di solidarietà che nel 1980 numerosi volontari partirono da tutta Italia, coordinati dall’Arci, per le zone disastrate dell’avellinese, del napoletano, del potentino, del salernitano. Non si trattò di un fatto nuovo, né lo furono le raccolte organizzate dai circoli, i gemellaggi con le località terremotate, l’invio di animatori per l’infanzia e di operatori capaci di favorire la ricostruzione del tessuto democratico-associativo. Ciò, infatti, era già avvenuto negli anni ’50 in Polesine, come nel ’66 a Firenze…».
Fu proprio da quella antica tradizione mutualistica e associativa, dal carattere popolare e spontaneamente antifascista, che nell’aprile del 1984 nacque, in federazione con l’Arci Caccia, la Prociv Arci, divenuta poi organizzazione autonoma nel 1986. Fin dai primi anni, uno dei caratteri principali di questa realtà è la formazione dei propri volontari, una formazione non solo “pratica” ma “educativa”, basata soprattutto sulla prevenzione e sulla “cultura dell’autoprotezione” che la stessa associazione definisce come: «la capacità individuale e collettiva di prendere coscienza dei rischi e dei modi di fronteggiarli o di prevenirli. È l’approccio integrale a un problema che non si può ridurre solo a questioni tecniche, perché non si può prescindere dalla dimensione emotiva della persona, ma anche dal comportamento».
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La crescita dell’organizzazione
La sfera d’intervento della Prociv Arci varia dalle più ordinarie emergenze quotidiane e locali alle c.d. macro-emergenze. La prova del nove giunse nel decennio successivo alla fondazione.
A ricordarlo è Fabio Mangani, volontario della “prima ora”, inizialmente eletto nel 1994 Presidente del Coordinamento Regione Toscana e successivamente, dal 2007 al 2022, Presidente nazionale della Prociv: «Furono due gli eventi che affermarono l’associazione a livello nazionale: nel 1996 l’alluvione del fiume Versilia presso il centro di Cardoso, in Toscana, e soprattutto in occasione del terremoto di Foligno del 1997. Per la prima volta costruimmo un nostro campo base, allestendo una cucina per preparare pasti caldi alla popolazione colpita dal sisma. È lì che è cambiata la nostra storia dal punto di vista strettamente “operativo” e istituzionale».

Dall’alluvione in Versilia l’organizzazione non si è più fermata e i suoi volontari furono costantemente impegnati nelle principali emergenze nazionali e internazionali. Solo per citarne alcune, le missioni in Kosovo e per il sisma in Turchia (1999), l’alluvione in Piemonte e Valle d’Aosta (2000), i terremoti che colpirono il Molise (2002), l’Abruzzo (2009) e il Centro Italia (2016), e così fino ad anni più recenti, non ultima l’alluvione dell’Emilia Romagna di due anni fa.
Una maturazione che non avviene ovviamente solo “sul campo”, in ambito operativo. A partire dagli anni 2000, infatti, si contano a decine gli eventi di natura “formativa” che coinvolgono direttamente la Prociv Arci: campus nazionali, esercitazioni, l’ormai consueto campo scuola “La Protezione Civile sei tu” e la campagna “Terremoto, io non rischio”, tutti eventi che non solo contribuiscono a formare e specializzare i propri volontari ma creano una connessione con la popolazione, mirando soprattutto alla sensibilizzazione intorno a temi di carattere civico e ambientale tra i soggetti più giovani.
In quarant’anni di attività la Prociv Arci ha assistito al susseguirsi dei governi di vario tipo e colore, risentendo (specie negli ultimi anni) soprattutto dei cambi di marcia in seno ai vertici del Dipartimento di Protezione Civile. «Bisogna distinguere sul piano regionale e nazionale – ha spiegato Fabio Mangani, in virtù anche della sua lunga presidenza al vertice dell’organizzazione – Nel primo caso, parlo principalmente per la Regione Toscana, non si evidenziano grandi variazioni, anzi, la Protezione Civile regionale si è rafforzata parecchio, anche se si denota un’eccessiva burocratizzazione che non giova molto alle nostre attività. Sul piano nazionale, per quanto riguarda il Dipartimento di Protezione Civile, è vero, ho assistito a parecchi governi e posso dire che gli “anni d’oro” sono stati quelli di Barberi e di Bertolaso. Poi ci ha messo bocca la politica e nel “dopo Bertolaso” sono iniziati anni più difficili per i capi del Dipartimento. Devo ravvisare che nei governi passati non c’erano stati problemi di natura organizzativo-economica, in particolar modo per quel che attiene le rendicontazioni: da quando si è insediato il governo attuale i tempi di riscossione si sono dilatati sensibilmente, senza che nessuno se ne prenda la responsabilità. Onestamente, si ravvisa un generale ridimensionamento di tutto il Dipartimento di Protezione Civile e questo è un vero peccato, in quanto si ripercuote soprattutto sul settore del volontariato e nelle emergenze più rilevanti».
Cutro, Gaetano Rossi: «Solidarietà e volontariato rappresentano una forza immensa» – Il 26 febbraio del 2023 è una data che difficilmente dimenticheremo. Il naufragio di Cutro, dove persero la vita oltre un centinaio di migranti partiti dalla Turchia (tra cui molti bambini), ha sconvolto la Nazione ma soprattutto quell’angolo di paradiso calabrese che si affaccia sullo Ionio. Su tutte le emittenti nazionali rimbalzarono le dichiarazioni e la commozione di Gaetano Rossi, volontario della Prociv Arci Isola di Capo Rizzuto, uno dei primi ad accorrere sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Un anno e mezzo dopo, è lui a spiegarci cosa ha lasciato sul territorio quella tragedia: «A livello associativo, la tragedia di Cutro ha lasciato tanta amarezza ma anche tanta consapevolezza dell’importanza e della forza che le attività di volontariato rappresentano sul territorio. In quei giorni l’umanità e l’impegno delle diverse organizzazioni associative scese in campo hanno raccontato la differenza di azione: piccole associazioni e grandi realtà, con modelli organizzativi diversi, sensibilità diverse, hanno dimostrato come la condivisione dei valori rappresentino una forza immensa». Istituzioni locali, sindacati, cooperative sociali e numerose associazioni culturali e di volontariato, tra cui la stessa Prociv Arci, in prima battuta hanno dato vita a una forte rete di solidarietà intorno ai pochi migranti sopravvissuti al naufragio; successivamente hanno anche stimolato un dibattito sulle politiche di accoglienza, scontrandosi inevitabilmente con la visione e le scelte dell’attuale governo: «Il decreto Cutro – spiega Gaetano Rossi – piuttosto che evitare che le persone muoiano in mare, minaccia con la detenzione chi sopravvive, riduce i diritti dei richiedenti asilo, limita i servizi di protezione, facilita le espulsioni ed espone migliaia di persone migranti alla condizione di irregolarità. Queste misure hanno il chiaro obiettivo di dissuadere e impedire gli sbarchi sulle coste italiane, anche se il prezzo da pagare sono vite umane». Ecco qual è il Paese che incontrano i migranti in fuga dalle loro terre: da un lato la solidarietà e il calore della gente comune, dall’altro le fredde politiche di chi governa; da una parte c’è chi tocca con mano il loro dolore, dall’altra chi giudica e decide dietro una scrivania con sopra un monitor acceso. Una dicotomia inumana, inaccettabile per una democrazia come la nostra, e i risultati si vedono: «Dopo il tragico naufragio – ha concluso Rossi – ci saremmo aspettati che i governi nazionali e le Istituzioni europee mettessero al centro delle loro priorità questo tema, al di là della retorica. Al contrario, le autorità italiane non hanno intrapreso una sola iniziativa concreta per prevenire altre tragedie: nessuna azione per rafforzare il soccorso in mare che, anzi, è stato indebolito con la “criminalizzazione della solidarietà”, ossia del ruolo della società civile; nessuna iniziativa specifica, salvo la cieca prosecuzione di quelle politiche di deterrenza che continuano a impedire le modalità di accesso legale e sicuro. Sul nostro lavoro di volontari, il decreto ha inciso sull’intensità di azione e partecipazione, la sua rigidità ha aumentato la vulnerabilità delle persone e il loro disagio. Noi continuiamo e continueremo a prestare in modo personale, spontaneo, gratuito e senza fini di lucro le nostre attività, esclusivamente per fini di solidarietà». |
La sfida della formazione
Come già anticipato, fin dai tempi della fondazione l’elemento centrale della Prociv Arci è quello della prevenzione e quindi della continua formazione dei volontari. Il concetto di “formazione”, al giorno d’oggi tanto generico quanto inflazionato, in un contesto come quello dell’emergenze è molto più complesso: date tutte le variabili operatività necessarie per fronteggiare ogni tipo di difficoltà, la preparazione dei volontari rappresenta da sempre una vera e propria sfida per l’organizzazione. A spiegarcelo è Celestino Moruzzi, presidente della Prociv dal novembre 2022: «Per noi la formazione è fondamentale, innanzitutto per le nuove leve, dato che gli anziani si sono già formati sul campo, ma è necessaria per tutti gli iscritti anche alla luce delle nuove normative sulla sicurezza e, a livello organizzativo, in virtù della riforma del Terzo Settore. La principale sfida è quella di “uniformarla”, di renderla uguale per tutti i nostri volontari. Essendo la Protezione Civile sostanzialmente “concorrenziale” rispetto alle singole Regioni, ne consegue che da anni la formazione differisca da regione a regione e questo, a nostro avviso, rappresenta un grosso problema. Si pensi a un socio altamente specializzato che, per motivi personali, si trasferisce in un’altra regione dove sono richieste diverse abilità: vi è una perdita valoriale enorme e il volontario sarà poco stimolato a proseguire la sua attività nell’organizzazione. È un problema che stiamo cercando di risolvere con il Dipartimento, con il quale siamo in buonissimi rapporti».
In tanti anni di attività nelle micro e macro-emergenze, i volontari della Prociv Arci hanno indubbiamente maturato un’esperienza non indifferente, soprattutto sul piano della prevenzione. Al presidente Moruzzi abbiamo chiesto se la Prociv viene coinvolta dalle Istituzioni nella valutazione-prevenzione dei rischi (naturali e non) o se, al contrario, l’organizzazione entra in gioco soltanto “dopo” il sopraggiungere di un’emergenza. «Siamo convolti nella prevenzione, sì, ma a vari livelli. Anche qui bisogna distinguere a livello locale e nazionale. Indubbiamente a livello territoriale, spesso comunale, alle Istituzioni viene automatico coinvolgere la nostra associazione di riferimento, c’è più continuità. Il discorso cambia a livello nazionale: in questo caso siamo direttamente in contatto col Dipartimento, che può metterci in allerta, tecnicamente ci “attiva”, in previsione di una situazione di rischio e pericolo».

di Matteo Picconi
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