Le truffe

Le truffe

Diritto penale

Meno rischiose e spesso più redditizie del traffico di droga: la criminalità strizza l’occhio alle truffe. Alcuni semplici consigli per difenderci.

Un giro milirdario

Settecento milioni di euro. A tanto ammonta il sequestro preventivo eseguito dalla Guardia di Finanza nel febbraio del 2019 per bloccare i beni di alcune società impegnate nella compravendita di preziosi. Tra le centinaia di vittime, che hanno investito grosse quantità di denaro per poi ritrovarsi a mani vuote, figurano Simona Tagli, Federica Panicucci e Vasco Rossi. Solo la punta di un iceberg, un singolo episodio questo che ci permette di focalizzare l’enorme giro di denaro che gravita attorno al reato di truffa, probabilmente ad oggi attività criminosa più conveniente e meno rischiosa di taluni traffici illeciti, in forte ascesa nell’indice di preferenza delle attività delle organizzazioni criminali. Recentemente Patrizia Polliotto, noto avvocato e spesso al vertice delle più importanti società italiane, ha raccolto in un suo libro cento casi di truffa ai danni di personaggi più o meno noti: “La sola dei Famosi”, questo il titolo con una indiscutibile assonanza con un reality show. Già, perché una prima difficoltà risiede nel far capire che tutti, indistintamente, possiamo vestire i panni della vittima, proprio nel momento in cui ci sentiamo ben protetti e al riparo dietro il nostro consolatorio “a me non succederà mai”. Nel documento presentato nell’agosto del 2020 dalla Polizia di Stato, emergono al riguardo dati non certo rassicuranti. Restano gli anziani le vittime predilette dei truffatori, ma in diminuzione l’età dei raggirati. In termini assoluti, nel 2019 sono state 132.429 le truffe denunciate, con un ulteriore incremento percentuale del 3,4%. Neanche il lockdown, iniziato nel 2020, ha trattenuto i truffatori che hanno trovato terreni e situazioni altrettanto fertili sulle quali operare. Più in generale, se la delittuosità̀ totale, nel triennio 2017-2019, evidenzia un trend in costante diminuzione, non altrettanto si può dire per il reato di truffa che mostra numeri in aumento.

Il reato

È abbastanza singolare l’origine del termine truffa; seppur alcuni studiosi e appassionati di etimologie mostrino perplessità, in generale si ritiene che il termine derivi dalla parola francese “truffe”, ossia tartufo. Non era inusuale, infatti, che improvvisati avventori cercassero di vendere a caro prezzo delle patate in putrefazione spacciandole per prezioso tartufo. Il nostro codice penale, fa riferimento al reato di truffa in apertura del capo II del titolo XIII (libro II) nella parte dedicata ai delitti contro il patrimonio mediante frode. L’art.640 così recita: Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. La trattazione della problematica in oggetto non può prescindere da una disamina, seppur concisa e limitata all’ipotesi di truffa semplice, del testo. Si tratta innanzitutto di un reato comune e plurioffensivo, in quanto va ad attaccare sia la libera formazione del consenso che l’integrità del patrimonio. I puristi del diritto spesso storcono il naso: non c’è dubbio però che il reato in oggetto, almeno dal punto di vista sostanziale, possa essere annoverato tra i reati a cooperazione necessaria. Questo perché, come già si comprende, affinché il reato possa essere consumato, serve un atto di disposizione della vittima (acquisto, vendita, cessione, prestito) del proprio patrimonio a vantaggio del truffatore. Tutto questo avviene, ed è quasi superfluo ricordarlo, attraverso artifizi e raggiri che inducono la vittima in errore. Due termini fondamentali, spesso sviscerati in ambito processuale, sui quali poggia la truffa; usati a volta come fossero sinonimi, il termine di raggiri e artifizi presentano tuttavia delle differenze. Con il primo, si modifica la realtà esterna facendo apparire vera una situazione che non trova riscontro nei fatti: una ricchezza, uno stato di insolvenza oppure simulando delle qualità, delle conoscenze o inventandosi un nome. Per quanto riguarda il raggiro invece, in questo caso si agisce sulla psiche della vittima, mettendo in piedi un discorso o un ragionamento da parte del truffatore per creare un falso convincimento. Pensiamo a una finta telefonata con un parente, alla possibilità aleatoria di riceve rimborsi per delle bollette, al controllo delle banconote per verificarne la genuinità, alla simulazione di uno stato di necessità di un nostro caro o all’esaltazione delle qualità di un oggetto che in realtà si potrebbero annoverare nelle cosiddette “patacche”. Ci chiediamo perché sia fondamentale questa distinzione dei termini. In effetti, la presenza di artifizi o raggiri ci permette di tracciare una grossa linea di demarcazione con altri reati. Pensiamo ad esempio al furto (art.624 e ss. c.p.): la cosa viene sottratta al legittimo proprietario contro la sua volontà (se fatto con violenza si configura la rapina) ma senza il bisogno di indurlo all’errore, proprio perché la vittima non partecipa, suo malgrado, all’azione criminosa. Oppure pensiamo all’appropriazione indebita (art.646 c.p.): in questo caso il principale presupposto della condotta è il possesso o la disponibilità della cosa, anche mediato. Il soggetto ha già la disponibilità del bene seppur per altre ragioni, distogliendone l’uso dallo scopo prestabilito.

Pensiamo, ad esempio, all’amministratore di condominio che, anziché utilizzare le quote condominiali per il pagamento delle utenze e dei servizi se ne appropria per acquistare beni per sé. Come ribadito anche dalla Cassazione Penale con sentenza 56191/2019, per l’appropriazione indebita non sono necessari artifizi o raggiri per impossessarsi del bene, che semmai intervengono successivamente per conservare la disponibilità dello stesso. Non è sempre quindi semplice e immediato comprendere la fattispecie criminosa. È singolare come spesso, anche da quello che si legge sui giornali, chi pensa di essere stato truffato e quindi vittima in realtà si trasformi in soggetto attivo del reato di incauto acquisto o riciclaggio; non può certo ritenersi vittima chi, senza accertarne la provenienza e malgrado il prezzo, pretenda di acquistare l’ultimo modello di telefono o computer per pochi soldi.

di Danilo Ilari

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