Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Una lezione sul Covid

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Una lezione sul Covid

di Pietro Pugliese*

  • Medico specialista in Anestesia e Rianimazione e terapia del dolore. Medicina Aeronautica e Spaziale, vis. Prof., docente “Risk Management e Gestione del rischio clinico” c/o Scuola di specializzazione Anestesia e rianimazione – Università Campus Biomedico Roma. Mediatore professionista per responsabilità medica e sanitaria.

Il titolo si deve ricondurre ai provvedimenti che sono stati presi a livello Governativo per far fronte alla SARS – COV2, senza alcuna considerazione degli errori commessi, nella fase primaverile, durante la gestione del rischio clinico e organizzativo in caso di pandemia; anzi è stata messa in atto una campagna secondo una cultura autoreferenziale “Siamo bravi – va tutto bene – l’OMS ci loda per il nostro comportamento pregresso, stiamo facendo tutto ciò che è possibile fare” e in questo modo ci si è comportati esattamente come il comandante e l’equipaggio del Titanic che hanno fatto i seguenti errori:

  • nelle vicinanze degli iceberg ci si dovrebbe fermare di notte e continuare la navigazione in pieno giorno;
  • alle vedette non erano stati affidati i binocoli per osservare meglio gli oggetti lontani;
  • il capitano del Titanic non ricevette tutti gli avvisi della presenza di iceberg e quelli che ricevette non li prese adeguatamente in considerazione;
  • capacità di virata era limitata dalle dimensioni del timone e di conseguenza i cambiamenti o aggiustamenti di rotta dovevano effettuarsi con congruo anticipo.

In pratica, se pensi di essere invincibile e sottovaluti il pericolo, alla fine un iceberg ti ricorderà che il rischio non è mai zero.

Lessons learned

La cultura generativa del Risk management è quella proiettata ad imparare dall’errore, a dare importanza ai miglioramenti da apportare e ai margini di intervento da introdurre. In poche parole l’errore è un evento possibile, atteso ma controllabile. Per entrare nello specifico argomento il Risk management con la gestione del rischio e le sue analisi e i suoi strumenti avrebbe potuto essere fin dall’inizio della pandemia un validissimo supporto in Italia, per prevenire e contenere la diffusione del Covid-19, in modalità proattiva e strutturata, ma tutto ciò non è stato assolutamente preso in considerazione dai decisori politici e dai loro consulenti scientifici e si è tentato nella prima fase di far passare il concetto che il problema Covid non si conosceva e ci aveva preso di sorpresa. Analizzando a posteriori il percorso fatto, cercando di essere più asettici possibile nei giudizi, è un evidenza che nel periodo estivo non sia stata messa in atto buona parte della fase organizzativa per far fronte alla seconda ondata e che non siano state – assolutamente – fatte analisi strutturate con tecniche e strumenti mirati alla gestione del rischio clinico e organizzativo con crono programmi per il raggiungimento degli obbiettivi. Ormai siamo arrivati alla fase reattiva e nonostante avessimo, rispetto agli altri paesi europei, il vantaggio del lockdown prolungato nei mesi di marzo aprile, ci troviamo a fronteggiare una situazione che avrebbe potuto essere migliore ma nel contempo non bisogna perseverare negli errori, aumentando tramite i media, reazioni ansiogene e generatrici di stati depressivi nei cittadini che possono portare in casi estremi addirittura a suicidi causa Covid e a disordini per problematiche economiche.

La gestione dell’emergenza e l’informazione

I dati statistico-epidemiologici che definiscono in modo corretto una pandemia sono:

  • il tasso di letalità cioè il numero delle persone decedute diviso per il totale dei contagiati/positivi ufficiali con schemi che esplicitino le relative curve proiettate nel tempo;
  • il tasso di mortalità cioè il numero delle persone decedute a causa della malattia diviso per il totale della popolazione esposta al virus (ad esempio, tutta l’Italia) con schemi che esplicitino le relative curve proiettate nel tempo.

Prima di tutto l’informazione non è stata messa nelle condizioni di poter dare dati statistico-epidemiologici certi e in tempo reale, escluso i seguenti anche essi non totalmente precisi:

  • numero di positivi giornaliero non ricoverati distinti tra asintomatici e paucisintomatici individuati tramite tamponi;
  • numero giornaliero di pazienti positivi ospedalizzati rapportati a quelli del periodo marzo-aprile 2020;
  • numero giornaliero di posti letto occupati causa Covid-19 in terapia intensiva;
  • numero giornaliero di decessi causa Covid-19;
  • numero giornaliero dei tamponi eseguiti durante la giornata in esame.

I media avrebbero dovuto viceversa spiegare in modo corretto cosa significa in particolare tasso di letalità e mortalità rapportandoli ad altre patologie e definendo:

  • quanti siano i deceduti reali senza gravi patologie annesse e la loro età;
  • le variazioni dei positivi legate al numero di tamponi eseguiti;
  • i numeri dei positivi asintomatici e dei paucisintomatici rispetto ai sintomatici reali e ricoverati in reparto o in terapia intensiva anche con altre patologie;
  • la constatazione che il picco epidemico non corrisponde col picco dei decessi (le persone perdono la vita diverso tempo dopo il contagio);
  • che per avere un’idea precisa dell’effettiva mortalità del virus bisogna conoscere quanto esso sia effettivamente circolato all’interno di una popolazione;
  • che un valido aiuto può arrivare dai test sierologici che rilevano la presenza di anticorpi e dunque l’esposizione al virus;
  • che i dati avrebbero potuto essere modificati da varie situazioni legate a variabili come quella del numero dei tamponi eseguiti o di considerare come numero dei decessi causa Covid anche quelli in cui non è stato possibile eseguire il test.

    Tutto ciò non è avvenuto e non avviene, alimentando ulteriore ansia nella popolazione anche sulla distinzione tra pazienti asintomatici positivi e paucisintomatici ed il relativo tasso di virulenza molto debole in questi pazienti.

Quello che c’è da fare

In ragione di quanto espresso per poter adottare relativi provvedimenti di prevenzione e protezione basati sulle regole per una corretta analisi di gestione del rischio, oltre a quelle già precedentemente attive del distanziamento, uso delle mascherine, coprifuochi notturni dopo le 24 per evitare gli assembramenti, lockdown delle sole zone rosse, eccetera) prima del DCPM del 24 ottobre ed abbassare la curva dei contagi evitando il lockdown generale di tutto il Paese, sarebbe bastato, usufruendo di dati certi di monitoraggio del virus, agire con le seguenti risoluzioni alcune delle quali nell’arco di 8 mesi, avrebbero dovuto essere già attive ma che ancora possono essere rese operative:

  • Implementazione del personale sanitario (medici e infermieri) sul territorio dedicati esclusivamente al Covid denominate USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) per le relative terapie domiciliari, ai fini di non ingombrare ulteriormente gli ospedali con pazienti con sintomatologia lieve.
  • Implementazione di medici anestesisti rianimatori per le terapie intensive Nell’impossibilità di assumere in tempi stretti affidandosi anche agli specializzandi assunti con contratti a termine tra i pensionati.
  • Rapida messa a regime di terapie intensive e delle relative strumentazioni previste che, alla data odierna, risultano essere passati da 5000 a 6700 posti rispetto a quelli previsti di circa 10000 posti nella fase di riorganizzazione di maggio 2020.
  • Aumento del numero di tamponi dai 150.000 attuali ai 400.000 mila e oltre e di tutti gli ulteriori test rapidi previsti nelle diverse situazioni.
  • Tracciamento e Contact tracing con uso dei dati di localizzazione e degli strumenti per il tracciamento dei contatti, nel contesto dell’emergenza legata al Covid-19, introducendo le modifiche tecniche e di regolamento, già individuate dall’app Immuni e rendendola obbligatoria.
  • Individuazione di ospedali esclusivamente dedicati al Covid per ogni provincia in cui siano presenti focolai importanti.
  • Indicazioni più restrittive sui numeri di persone che possano viaggiare sui mezzi pubblici ai fini del distanziamento, aumentando il numero di mezzi e usando anche quelli privati previsti per il turismo, attualmente non operativi.
  • Sanificazioni di tutti i luoghi pubblici in cui esista transito maggiore di persone.
  • Maggiori limitazioni per la messa insicurezza (volontaria) per gli over 70 anni e per individui con problemi cardiaci, oncologici, immunodepressi, nei territori individuati come zone a rischio.
  • Introduzione della telemedicina nelle RSA e a livello domiciliare che potrebbe sicuramente diminuire gli accessi in ospedale diminuendo il rischio di contagio.
  • Vaccinazione antiinfluenzale resa obbligatoria alle fasce di età più a rischio.
  • Predisposizione negli alberghi, resi luoghi sicuri, disponibili ad ospitare persone asintomatiche o pauci sintomatiche positive o per loro famiglie evitando contagi da contatto.
  • Monitoraggio e verifiche della corretta applicazione di sicurezza in ogni ambiente di lavoro o svago premiando i virtuosi e intervenendo con fermezza sui non ottemperanti alle normative.

Le finalità di tali azioni sono da mettere in atto prioritariamente nell’interesse della tutela della salute del cittadini e di preservare l’economia del Paese, tenendo conto che la problematica maggiore è quella di mantenere la curva dei sintomatici ospedalizzati al di sotto della disponibilità dei posti dedicati sia in terapia intensiva che nei reparti di degenza, diminuiti drasticamente in base alla spending review praticata negli anni pregressi e ora solo parzialmente modificata.

Scritto il 24 ottobre 2020

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