Adriano Visconti di Lampugnano

Adriano Visconti di Lampugnano

L’Asso di bastoni.

Alla fine bisogna sempre fare i conti con la storia e non sono mai conti facili. La figura del Maggiore pilota Adriano Visconti di Lampugnano, comandante del I Gruppo Caccia «Asso di bastoni» e Asso Italiano della Seconda Guerra Mondiale, “è stato ucciso più volte. Una volta fisicamente e molte altre volte sul piano della memoria e dell’onorabilità. È stato ucciso, e lo dico senza retorica, dai suoi assassini e mandanti ma anche da tutti i “patrioti” che vollero cancellare il suo ricordo nel dopoguerra: al punto che oggi, incredibilmente, il nostro asso è più famoso all’estero, -specie negli USA- che non nella sua Patria”
Perché é il suo nome è caduto in un oblio forzato? Lo abbiamo chiesto al Generale Pilota dell’Aeronautica Militare Italiana Riccardo Donati.

Generale, chi era Adriano Visconti?

Adriano Visconti di Lampugnano, è stato, senza ombra di dubbio, lAsso indiscusso dellAviazione italiana nella Seconda Guerra Mondiale, con 26 abbattimenti certi e 18 probabili. La grande abilità di Visconti viene poi esaltata dal fatto che volava e combatteva su aerei nettamente inferiori rispetto ai più veloci, meglio corazzati e armati Spitfire, Mustang, P-40, e soltanto nelle fasi finali del conflitto ha potuto disporre di velivoli più moderni come il Macchi M.C. 205 Veltro ed il Messerschmitt Bf 109 G-10.

Perché il suo contributo è stato così importante?

Visconti è importante perché da Comandante, aiutò a costituire una piccola forza aerea che cercò di ostacolare i bombardamenti alleati sulle città italiane indifese. Il suo nome, ben noto in ambiente aeronautico, richiamò molti piloti nelle file della Aeronautica Nazionale Repubblicana (ARN). Molti scelsero il nord perché al nord c’era Visconti e tutti volevano far parte del suo I Gruppo Caccia Asso di Bastoni. Fu un idolo, ancor di più, quando si oppose ai tedeschi, nel ’44, quando questi ultimi volevano impossessarsi dei nostri velivoli e rendere la ANR una sorta di derivazione della Luftwaffe e per dimostrare la sua determinazione fece distruggere alcuni velivoli con i tedeschi ai cancelli dell’aeroporto a suon di bombe a mano. Si potrebbe dire che Visconti con il suo carisma e la sua aurea, senza proferir parola, coagulò intorno a se i migliori piloti dell’Aeronautica. Visconti volò 900 ore di cui 600 di guerra. Sostenne 70 combattimenti aerei, abbatté 14 velivoli (periodo 1943/settembre – 1945 7aprile) e altri 15 probabili. Ebbe 4 Medaglie d’Argento, 3 di Bronzo 1 promozione per merito di guerra, croce di ferro di II Classe e Croce di Ferro di I Classe.

Visconti, però, aderì alla R.S.I.

L’adesione alla RSI è stata per molti il rifiuto di quello che è ritenuto da molti, anche dai principali angloamericani come Montgomery e Eisenhower, è stato un tradimento. Ciò che Visconti decise, fu il rifiuto al tradimento. Visconti reagì da soldato secondo il codice d’onore delle armi. Visconti era un uomo di cuore grande, valoroso, un nobile, nel tratto e nei sentimenti. Un comandante vero, capace di guidare con caparbietà e volontà un manipolo di uomini, lontanissimo dal fanatismo politico. Il miglior rappresentante di ciò che si può definire “l’Aviazione dell’Onore”, un uomo che ha saputo tener testa agli alleati, al fascismo e al nazismo che volevano strumentalizzare la Aviazione Nazionale Repubblicana, per esempio fece distruggere al suolo alcuni aerei su cui i tedeschi avevano dipinto la svastica al posto del tricolore, un uomo che non voleva tra i suoi i fanatici fascisti che lui riteneva, con malcelato disprezzo, dei mezzi soldati. Va sottolineato che il I Gruppo Caccia ANR non ha mai partecipato a rastrellamenti o azioni contro altri italiani, ancorché partigiani.

Come è morto Adriano Visconti?

Dopo il 25 aprile 1945, il suo gruppo, chiuso nella zona logistica di Gallarate, dove erano parcheggiati i caccia del I Gruppo “Asso di Bastoni”, concordò con le locali forze partigiane la resa del reparto con l’onore delle armi agli ufficiali e un salvacondotto per tutto il personale. Arrivati a Milano, vennero tolte le armi agli ufficiali in totale spregio agli accordi presi a Gallarate. Il 29 aprile 1945 -la Guerra è finita – arrivati alla caserma del Savoia Cavalleria verso le 12.30, trovarono la struttura presidiata dai garibaldini della X Brigata Redi e dalla X Brigata Rocco. Verso le 13.00 un partigiano ordinò a Visconti di scendere al piano inferiore con lui. Verso le 13.30 si sentirono rumore di spari, di raffiche di mitra e qualche colpo di pistola. Alle 15.30 venne comunicato che il maggiore Visconti era stato fucilato nel cortile insieme al Ten. Stefanini suo aiutante. Secondo la relazione di Roberto Di Lollo -futuro Comandante delle Frecce Tricolori- dopo le 16.00 del giorno 29 aprile fu noto il motivo di quelle scariche di mitra: Visconti e Stefanini erano stati uccisi alle spalle non appena giunti nel cortile da un partigiano russo che aveva la funzione di essere la guardia del corpo di Aniasi detto “Iso”, capo della brigata Redi. Visconti e Stefanini furono seppelliti in una fossa comune nel cortile della caserma con i piedi fuori dal terreno di sepoltura.
Dalla relazione del Capitano Giuseppe Robetto si evince che l’orgia di sangue al Savoia Cavalleria -oltre a Visconti e Stefanini comprendeva altre 31 persone, barbaramente fucilate, sommariamente e senza alcun processo o parvenza di esso e che non intendeva fermarsi. «I garibaldini volevano il sangue dei repubblichini (della RSI) e avevano deciso la totale e assoluta eliminazione di tutti gli ufficiali di Visconti».  Solo l’intervento USA, e poi quello del CLNAI, riprese in mano la situazione al Savoia e quindi il martirio ebbe fine.

Cosa ne fu degli esecutori?

Il russo scappò in URSS prima che un improbabile tribunale di guerra lo potesse inquisire o venne fatto scappare, venuto a mancare ogni elemento di prova, anche in conseguenza “dell’Amnistia Togliatti”, Aldo Aniasi, ne uscì. Diventò sindaco di Milano (PSI) Deputato, Senatore, e Ministro. La sua figura fece, probabilmente, argine al recupero della memoria di Visconti.

Generale, Lei si è reso protagonista di una nobile iniziativa, nel tentativo di ristabilire la figura di Adriano Visconti. Di cosa si tratta? 

Da Comandante di gruppo volo, proposi allo Stato Maggiore l’adozione del simbolo dell’Asso di Bastoni per una delle mie 4 squadriglie di volo. Senza dare troppe spiegazioni e a dir la verità con poche speranze. Invece l’alto Comando approvò la mia proposta. Probabilmente l’oblio in cui era caduto il I Gruppo Caccia ed il suo Comandante fu tale che nessuno fece mai il collegamento e quindi riuscimmo a riesumare questo simbolo araldico che di fatto aveva seguito Visconti per quasi tutta la sua carriera di pilota.

a cura di Michela Di Gaspare

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