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Del seguente articolo:

Giugno-Luglio/2010 -
La CRI nella storia
L’Ospedale da Campo n. 68 della Croce Rossa Italiana nella missione umanitaria dal 1951 al 1955 a Seoul sul 38° parallelo per le popolazioni civili e per i militari feriti nella Guerra di Corea
Carlo Rodorigo

L’evento bellico iniziò il 25 giugno 1950 quando i nord coreani, superiori per mezzi e numero di uomini, attraversarono il 38° parallelo occupando la capitale Seul e i maggiori capoluoghi della Corea del Sud. Successivamente le Nazioni Unite intervennero con l’invio di truppe combattenti in appoggio alle forze governative del sud che riuscirono a respingere i nord coreani fino ai confini con la Cina.
La popolazione civile, sottoposta a tre anni di duro conflitto, venne ridotta in estreme condizioni di terrore, miseria e abbandono: la fame e le malattie contribuirono ad accrescere il numero delle vittime delle azioni belliche. Per fronteggiare questa situazione la Croce Rossa internazionale lanciò un appello a tutte le sue Società nazionali affinché inviassero soccorsi umanitari per le popolazioni del territorio coreano.
Il 20 settembre 1951 il Consiglio dei Ministri italiano deliberò di porre a disposizione del Segretario Generale dell’ONU un ospedale della Croce Rossa completo di equipaggiamento e personale. Questo centro sanitario mobile - un vero e proprio ospedale da campo - fu contrassegnato con il numero 68 e venne imbarcato sulla motonave americana “General Langfitt” che salpò da Napoli il 16 ottobre 1951. Raggiunse il porto di Pusan, nella Corea del Sud, esattamente un mese dopo.
L’ospedale venne accantonato in due edifici scolastici in località Yong Dung Po, a sette chilometri dalla capitale Seul. Fu aggregato, quale unità medica, all’VIII Armata americana, comandata dal Generale Van Fleett, e si assunse la responsabilità di tutta l’assistenza sanitaria della popolazione civile compresa nel triangolo Inchon-Seul-Suwon.
La capacità iniziale dell’ospedale era di 150 posti letto, poi elevata a 200, divisi fra chirurgia uomini e donne, medicina uomini e donne e pediatria. Il suo organico era di 71 elementi, fra ufficiali, infermiere volontarie, sottufficiali, graduati e militi della Croce Rossa Italiana per l’assistenza sanitaria e 37 uomini di personale coreano per i servizi. Al suo comando il Capitano medico Luigi Coia, avvicendato nel luglio 1952 dal Maggiore medico Fabio Pennacchi.
Pochi sono oggi i reduci ancora in vita di quella gloriosa missione che vide personale italiano del Corpo Militare e del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa varcare per la prima volta i confini nazionali dopo il secondo conflitto mondiale.
Fra i componenti il Tenente Colonnello Gianluigi Ragazzoni di Collalbo-Renon (Bolzano), allora Sottotenente chimico-farmacista ed oggi presidente dell’Associazione Italiana Reduci di Corea, i Marescialli Giovanni Canali di Omegna (Verbania), Emilio Donatoni di Verona, Luciano Negri di Roma, Giovanni Ribaldi di Pietra Ligure (Savona) e l’infermiera volontaria Alma Pascutto, una “crocerossina” che il 4 luglio dello scorso anno ha compiuto 100 anni di età.
L’ospedale da campo del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana fu operativo dall’ottobre 1951 al gennaio 1955, quindi ben oltre la fine delle ostilità e, come detto, è stata la prima unità militare della storia repubblicana a lasciare il nostro territorio per partecipare un’operazione di pace.
Il personale medico infermieristico in zona di operazioni si distinse in un’opera assai apprezzata, vasta e benefica, riscuotendo la commossa riconoscenza dei coreani e l’elogio vivissimo di tutte le autorità militari alleate e locali.
Al suo Comandante, Generale medico professor Fabio Pennacchi, allora Maggiore, fu riservato l’onore di rappresentare l’Italia alla firma dell’armistizio di Panmunjom, che pose fine a quel conflitto, e a lui il Presidente degli Stati Uniti d’America concesse successivamente il riconoscimento della “Medal of Freedom”. A tutto il personale militare CRI il Presidente della Repubblica di Corea concesse l’onorificenza “Presidential Unit Citation”, il Governo coreano la medaglia “Ambassador for Peace” e l’ONU la medaglia di servizio delle Nazioni Unite. La partecipazione a quel conflitto aprì le porte per la successiva ammissione dell’Italia alle Nazioni Unite.


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