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Del seguente articolo:

settembre-dicembre/2016 -
Riflessioni sugli arrivi dei migranti
Gli sbarchi in Italia nel 2016: alcuni dati sull’allarmismo per “Invasione”ed Emergenza”
Giulia Nemiz Gregory

Siamo di fronte a una nuova emergenza sbarchi? Le rilevazioni di Unhcr e del Ministero dell’Interno sugli arrivi lungo la rotta mediterranea ridimensionano notevolmente questi allarmi.
Gli sbarchi in Italia nel 2016: alcuni dati per smentire l’allarmismo. I termini “Invasione”, “emergenza” spesso usati quando gli arrivi si intensificano gli arrivi e le testate ricominciano ad abusare di questi termini. A smentire i toni allarmistici ci sono i dati. Ne ha parlato Francesca Romana Genoviva in un articolo realizzato in collaborazione con “UNHCR”, “Carta di Roma” “Open Migration”.


I primi mesi del 2016 sono stati caratterizzati da arrivi imponenti; confrontando i numeri con quelli del 2015, però, si nota che non è possibile stabilire un trend di aumento.
Il picco di marzo (9.676 arrivi contro i 2.283 dello stesso mese del 2015) è probabilmente collegato al caldo eccezionale che ha caratterizzato quel periodo; ma è più che compensato appena si guardi ai dati di aprile. Se nel 2015 gli arrivi erano stati 16.063, il mese scorso c’è stato un calo del 43% (9.149 migranti e rifugiati arrivati in Italia via mare).
Inoltre, nonostante l’emergenza, il totale degli arrivi di maggio si mantiene al di sotto di quelli del maggio 2015 (18.788 persone contro 21.235).
In totale, gli arrivi via mare nei primi cinque mesi del 2016 sono 46.714, contro i 47.463 del 2015.

I migranti e rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio (8%).
La spinta all’emigrazione da questi paesi deriva da fattori di instabilità politica e sociale.
L’Eritrea (20% degli arrivi totali del 2015) è dominata da più di vent’anni dalla dittatura del presidente Isaias Afewerki; tra le cause della fuga, oltre alla mancanza di libertà civili e politiche, c’è la prospettiva del servizio militare, obbligatorio per uomini e donne dai 17 anni e di durata potenzialmente illimitata.
In Somalia (14% del totale degli sbarchi 2015), dopo oltre 25 anni di conflitto civile, la minaccia maggiore è rappresentata dai miliziani di al-Shebaab, autori, negli ultimi mesi, di sanguinosi attacchi terroristici nella capitale.
Le incursioni di Boko Haram, invece, sono le principali responsabili della emigrazione dalla Nigeria, un Paese in cui il solo 2015 ha fatto registrare quasi 11mila morti violente.
La gran parte dei flussi migratori diretti in Italia, quindi, ha origine in Africa, mentre, dopo l’esplosione del 2014, è crollato il numero dei siriani in arrivo.

Le conseguenze dell’accordo Ue-Turchia sulla rotta greca
(ma non su quella mediterranea)

In questo senso, è interessante notare che l’accordo Ue-Turchia sui rifugiati non ha avuto, per ora, ripercussioni sull’Italia. Stando alle rilevazioni di Frontex e dell’Unhcr, ad aprile gli arrivi in Grecia sono diminuiti del 90% rispetto a marzo, per crollare ulteriormente a maggio. Che fine hanno fatto le migliaia di persone che mancano all’appello? Un’ipotesi è che abbiano preso la via dell’Italia.
Se a smentire questa possibilità non basta il dato numerico (“solo” 18mila arrivi via mare a maggio, in calo rispetto all’anno scorso), un rilievo ulteriore riguarda la composizione dell’immigrazione in Grecia. Nel 2016, il 49% dei migranti e rifugiati approdati sulle isole greche proveniva dalla Siria, il 26% dall’Afghanistan, il 16% dall’Iraq.
Al contrario, la stragrande maggioranza degli sbarchi in Italia riguarda migranti dell’Africa sub-sahariana.
A ulteriore conferma del fatto che, ad ora, nessuna nuova rotta si è aperta dal MO verso l’Italia, c’è la provenienza delle imbarcazioni: nel 2016 l’82% dei migranti è partito dalla Libia (l’89% nel 2015). La rotta libica sembra cedere il passo a nuovi percorsi, in partenza da Tunisia (5,5% contro lo 0,36% dello scorso anno), Egitto e Algeria (5%).
Il rafforzamento della rotta egiziana può spiegarsi con le tensioni tra il governo italiano e quello cairota.
Lo spostamento verso Algeria e Tunisia, invece, è l’effetto della pericolosità della rotta libica, determinata da un lato dall’operazione EunavforMed, che presidia il tratto di mare davanti alla Libia (dal 7 ottobre sono state distrutte 110 imbarcazioni e segnalati quasi 70 trafficanti).
Dall’altro lato la stabilizzazione della Libia sotto il governo di Fayez al Sarraj potrebbe risolversi in una maggiore collaborazione con l’Ue per prevenire le partenze.


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