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Del seguente articolo:

maggio-settembre/2013 -
Gli uomini che fanno la sicurezza
“A.S.S.O.”, una sfida h24 nell’ignoto. In mare, terra, laghi, pozzi, grotte e antiche strutture sotterranee. Ricerca, Cultura e... Sicurezza: per gli altri, e per se stessi
Andrea Nemiz

L’Italia è un gigantesco 'stivale' che, con i suoi sette-ottomila km di coste, si proietta dentro al mare Mediterraneo, culla delle civiltà occidentali. Se si considera che questo mare, nell'antichità definito 'mare nostrum', negli ultimi 20.000 anni si è innalzato di circa 100 metri, è facile immaginare quante terre possa aver sommerso e quanti segreti possa ancora oggi celare. Per approfondire e interpretare la nostra storia, le tecniche di ricerca, esplorazione, rilevamento e scavo non possono prescindere dall'impiego di subacquei e talvolta di speleosubacquei. Ne parla il dott. Mario Mazzoli, direttore generale della A.S.S.O., una affermata organizzazione no profit, specializzata in ricerche ed esplorazioni in ambienti sommersi e sotterranei




“Prendiamo il caso degli speleosubacquei che con le loro imprese, anche scientifiche, fanno dirizzare i capelli ai profani ma soprattutto agli esperti di sicurezza. E’ evidente che si tratta di una attività ad alto rischio anche se le nostre immersioni sono effettuate secondo degli standard internazionali e nei limiti di sicurezza che riteniamo accettabili. È questo continuo compromesso però, tra il contenimento del rischio e il progresso della conoscenza, che talvolta appare un azzardo ma che spesso ci ripaga con grandi scoperte. Se tralasciassimo per un momento le ricadute geologiche, idrogeologiche ed esplorative per concentrarci su quelle archeologiche, ad esempio, gli speleo sub sono in grado di rinvenire autentici giacimenti archeologici in grotte ormai sommerse proprio perché sono gli unici a frequentarle e a saperne uscire vivi. L’immagine collettiva dello speleosub è, in fatti, prevalentemente condizionata da informazioni lacunose o da film nei quali il 'rambismo' prevale sulla ricerca. I più benevoli ti fanno capire che, almeno, qualche rotella deve mancarti, dimenticando che anche gli speleosub tengono alla propria pelle.
Siamo, infatti, sempre alla ricerca delle massime possibilità di uscire indenni dalle nostre esplorazioni e proprio per la particolarità degli ambienti nei quali operiamo il fattore sicurezza viene sempre per primo.”

Ci spiega qualche dettaglio su questi aspetti?
“La sicurezza degli esploratori speleosubacquei dipende quasi esclusivamente dalla loro preparazione specialistica, dal livello tecnico e dall'adeguatezza quantitativa e qualitativa delle attrezzature e dalle procedure di progressione utilizzate. Esiste infatti una sostanziale differenza di approccio e di mentalità tra coloro che praticano con successo queste immersioni e chi opera invece in acque nelle quali è possibile emergere sulla propria verticale. Quando esploriamo ambienti ostili, che si tratti di grotte o relitti di navi affondate, la nostra sicurezza di poter arretrare e tornare da dove siamo entrati è sostanzialmente dipendente da quanto abbiamo fatto prima di entrare e nella fase di penetrazione. Per fare un esempio banale, la nostra sicurezza è legata a come abbiamo posato ed assicurato quell'elementare cordino, generalmente bianco o giallo, che dipaniamo e fissiamo via via che penetriamo all’interno e con il quale non dobbiamo perdere il contatto e che dobbiamo essere in condizione di seguire nel percorso a ritroso, spesso con visibilità minima quando non nulla. In grotta, o nei relitti, è quindi sempre indispensabile l'impiego esclusivo di speleosub con esperienza consona alla complessità dell’operazione. Insomma gli speleologi subacquei che vedete quasi volteggiare nelle nostre riprese o in altri documentari, carichi di attrezzature tecniche e scientifiche e più simili ad astronauti che a subacquei piuttosto che a quei subacquei, non sono né dei novelli Rambo né dei picchiatelli. Siamo gente quasi normale e ce n’è in tutti i paesi anche se, come amava ripetere Bill Stone: “Esistono speleosub temerari e speleosub anziani; ma non esistono speleosub anziani e temerari”.”

Ma voi della A.S.S.O., oltre a essere operatori nella speleologia subacquea, è vero che supportate le Istituzioni anche per l’archeologia subacquea e le ricerche in ambienti artificiali sotterranei?
“Certamente. Partecipiamo spesso a campagne di ricerca archeologica subacquea in mare, laghi e fiumi e non poche di queste hanno tratto avvio da nostri ritrovamenti. Per limitarci al Lazio abbiamo operato presso l'isola di Ponza effettuando diversi sopralluoghi e rilevamenti, lo scavo e studio di una nave oneraria romana del primo secolo a.C., del sistema idraulico sotterraneo e delle peschiere "Grotte di Pilato", di un'altra nave oneraria romana del I secolo d.C. affondata nel porto. Abbiamo anche operato in mare ad Anzio, Montalto di Castro, Civitavecchia, Ventotene, lago di Castelgandolfo, lago di Bolsena, Sperlonga. A Ustica abbiamo lavorato a lungo, come a Punta Li cosa e in molte altre località. Da anni facciamo parte di un team, con il Ministero della Cultura Albanese e l'Università di Foggia, per le ricerche archeologiche subacquee in Albania che, tra l'altro, hanno consentito la nostra esplorazione del relitto della nave ospedale Italiana "PO", affondata nella baia di Valona dagli aerosiluranti inglesi nel marzo del 1941 … ma di questa impresa ne parleremo in una prossima occasione. Ed è proprio in questo contesto che, come specialisti nel settore della speleologia subacquea, sono anni che tentiamo, fino ad oggi senza successo, il “colpo” archeologico nelle grotte sommerse. Ci sono infatti delle cavità un tempo emerse che, per la variazione dei livelli del mare o di altri bacini acquiferi, oggi si trovano sott'acqua e possono celare non solo segreti di carattere geologico o naturalistico ma anche archeologico. Oltre ad altre cavità sommerse dalle variazioni di livello delle falde acquifere sotterranee, dei laghi e del percorso dei fiumi,vi sono pure quelle carsiche che, in ere successive, sono state sommerse dal mare e in esse si possono rinvenire veri e propri giacimenti preistorici e tracce di frequentazione dell'uomo”.

Si può quindi dedurre che l’archeologia subacquea riveste un potenziale per il nostro Paese?
“Il mare Mediterraneo riserva ancora un grande potenziale in termini di archeologia subacquea, sia per l'enorme valenza culturale e scientifica che per il possibile indotto in termini occupazionali. Purtroppo almeno per l'Italia la situazione non appare tra le più rosee. Basta pensare che solo recentemente il nostro Paese ha ratificato la Convenzione dell'UNESCO "Protection of the Underwater Cultural Heritage", che altri Paesi Europei hanno recepito da circa 10 anni”.

Prima avevamo accennato a ricerche in ambienti artificiali sotterranei. Quali sono?
“Esatto. Si tratta di esplorazioni e rilevamenti in antichi pozzi, cisterne, acquedotti, sepolture e quanto altro per essere esplorato e documentato abbia bisogno di una competenza anche di carattere speleologico e di una certa attenzione nella valutazione dei rischi come cadute, crolli, accumuli di gas e altre cosette poco divertenti. Le cavità artificiali sommerse, per esempio, come i cunicoli, i pozzi, le cisterne, alcune parti di peschiere, gli acquedotti, gli emissari dei laghi ed altro, interessano
prevalentemente per i risvolti costruttivi delle stesse anche se, talvolta, è possibile trovare dei reperti appartenenti alla struttura o lì finiti per chissà quali vicissitudini. Nell’esplorazione di queste cavità artificiali sommerse va sempre posta una particolare attenzione alla qualità delle acque intesa sia in termini di visibilità che di inquinamento; spesso la fase di documentazione risulta complessa per problemi di visibilità e di movimento in spazi angusti”.

Una sola perplessità: assodato che la A.S.S.O. esplora tutto quello “che c’è sotto”, come mai nel corso delle vostre ricerche archeologiche siete passati anche all’impiego dei droni volanti? Non è che da “sotto” volete passare anche “sopra” ?
“La ASSO. è un gruppetto composito, aperto alle collaborazioni e sempre pronto a inventare o accogliere le innovazioni. Questo è stato il caso dei ‘droni’, macchine volanti dell’ultima ora. Collaboriamo infatti con specialisti della “Cloud-Cam”, pragmatici e portati per il lavoro di squadra: è stato amore a prima vista. Loro ci supportano con la competenza tecnica, prototipi ad hoc progettati e raffinata capacità di pilotaggio. Noi abbiamo svelato loro scenari insospettabili di applicazioni in campo archeologico, informatico, territoriale e, incredibile ma vero, anche nell’impiego su archeologie e caverne sotterranee. Veri e propri microelicotteri a quattro e sei motori, apertura dagli 8 ai 45 cm, riprese foto e video”.

Immagino che per cimentarvi con successo in tutti questi settori, diversi e impegnativi, abbiate un numero di soci incredibile.
“No, assolutamente, in realtà siamo proprio solo ‘quattro gatti’. La credibilità acquisita ci consente però, al bisogno, di moltiplicarci avvalendoci di supporti e consulenze specialistiche e, soprattutto, veramente a costo zero. La nostra forza, infatti, è fermamente legata al fatto che nessuno di noi vive di questo. Non abbiamo necessità di accettare compromessi esagerati ma riusciamo a lavorare in sincera partnership gestendo incombenze e onori - di soldi non se ne parla nemmeno - con chiarezza e trasparenza. Il clima è aperto e collaborativo e le relazioni con altre organizzazioni sono buone al punto che le segnalazioni ci pervengono anche da loro stessi e le collaborazioni ci vengono richieste dall'esterno. Grazie alla maniacale attenzione alla credibilità, abbiamo oggi partner storici che da anni ci forniscono attrezzature subacquee tecniche e strumentazioni specialistiche. Le nostre attività, rivolte in gran parte agli Enti Istituzionali, oltre a richiedere un elevato livello di specializzazione, hanno una rilevante componente tecnologica e logistica ed è anche per superare queste difficoltà che abbiamo investito molto sia nella credibilità che nell'immagine. Come nel caso dei droni, riusciamo così a rimanere all'avanguardia ottenendo economie rilevanti perché, diversamente, non potremmo permetterci attrezzature di tale qualità e quantità. Chi ce le fornisce, invece, ce le assegna per ottenere suggerimenti finalizzati al miglioramento dei prodotti o dei servizi associati. La nostra organizzazione interna è molto snella. Ciascuno di noi segue un settore o una specialità e ne diventa il responsabile per l'innovazione, l'aggiornamento proprio e degli altri, l'operatività delle apparecchiature ma, nel contempo, ciascuno ha le basi conoscitive per garantire una sufficiente interscambiabilità operativa. Insomma, quattro gatti affiatati e credibili, m davvero nessun superman”.


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