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Del seguente articolo:

/2007 -
Società e sicurezza
Donne al lavoro, cresce l'occupazione ma crescono anche gli infortuni
Eleonora Fedeli

L’occupazine femminile ha avuto un forte
Incremento di crescita (+5,86% dal 2001 al 2005) ma,
di pari passo, è anche aumentato il nuemro di donne
che sono state vittime di infortuni sul lavoro (+5% nello
stesso quinquennio, considerando solo i settori industriale
e statale e le malattie professionali. I primi mesi
del 2006 hanno visto un forte aumento del numero
di infortuni mortali: 93 contro i 78 del 2005, pari
a una crescita del 19,2%


Cresciuto nello stesso periodo anche il numero degli infortuni non mortali: 231.120 rispetto a 229.540 del 2005, pari allo 0,7 in più. Sono alcuni dei dati presentati dall’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) che, come ogni anno, in occasione della Festa della donna ha proposto iniziative di riflessione sulle condizioni delle donne che lavorano e sulla tutela che viene loro riservata.
Quest’anno il rapporto presentato si è occupato di “Donne, infortuni sul lavoro e tutela delle vittime”, un’analisi al femminile del fenomeno degli incidenti in ambito lavorativo che offre uno strumento di confronto rispetto al territorio nazionale e che allo stesso tempo vuole offrire criteri di valutazione dei bisogni di tutela specifici delle donne italiane infortunate, prendendo in considerazione anche le condizioni delle vedove e delle madri dei caduti sul lavoro.
Al 31 dicembre 2006 le donne infortunate sul lavoro risultavano essere 121.926 (il 16,4% rispetto agli uomini infortunati) e 115mila erano coloro che percepivano rendite per i superstiti. In totale quindi alla stessa data le donne che percepivano una rendita, in quanto infortunate o superstiti di un caduto sul lavoro, erano 236.926 (il 31,4% rispetto agli uomini). I dati indicano che nel 2006 vi sarebbero stati 1.115 morti nell’industria (280 nell’edilizia), 114 nell’agricoltura e 11 tra i dipendenti statali. Il numero degli infortuni mortali aumenta per le donne: ne sono rimaste uccise 88 nel 2005 e 103 nel 2006. Da un confronto tra 2002 e 2006 emerge poi anche la crescita delle vittime tra gli extrafomunitari.
Commercio e sanità sono i settori in cui sono cresciuti maggiormente gli infortuni al femminile; rispettivamente +30% (23.792 casi nel 2005) e +23% (quasi 25mila nel 2005), con una crescita costante nel corso del periodo 2001-2005. In calo invece gli infortuni nel settore manifatturiero: -16,5% (31.700 nel 2005).
Non solo nel campo degli infortuni le donne sono vittime perché, inoltre, sono ancora oggi più disoccupate degli uomini, quando lavorano ricevono paghe più basse, quando subiscono infortuni ottengono indennizzi meno elevati, quando perdono un figlio o il marito per un infortunio mortale devono attendere tempi lunghi per ottenere la rendita e, a volte, non riescono neanche a ottenerla. Analizzando la consistenza della rendita che viene concessa alle donne, questa è pari al 50% della retribuzione del lavoratore defunto, alla quale va aggiunto un 20% per ogni figlio minorenne (e fino al raggiungimento della maggiore età); mentre se un ragazzo resta orfano di entrambi i genitori, caduti sul lavoro, ha diritto a una rendita di solo il 40%. Per i genitori che perdano un figlio sul lavoro non è invece prevista alcuna rendita.
Proprio allo scopo di affrontare questo problema (che si appesantisce se si pensa che l’attesa minima per l’inizio dell’erogazione della rendita è di quattro mesi), la legge Finanziaria ha istituito il Fondo per le famiglie vittime del lavoro, il cui decreto attuativo, tuttavia, non è ancora stato emanato.


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