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Del seguente articolo:

Novembre-Dicembre/2009 -
Terremoti, la morte falcia i poveri
Andrea Nemiz

La storia dei bambini che muoiono nelle devastazioni dei terremoti non cambia mai e si ripete in tutte le zone povere del mondo, quelle più affollate. Muoiono soprattutto i più poveri, quelli che vivono spesso in case fatiscenti, carenti nelle norme per la sicurezza. Invocando la “fatalità”, si sostiene ciecamente che le catastrofi naturali siano ineluttabili. Al contrario, esiste soprattutto la tendenza a ignorare il rischio naturale, magari esorcizzandolo anche di fronte all’evidenza, facendo finta di nulla rinunciando a qualsiasi protezione sia per avidità che per incapacità.
O per mancanza di risorse.
Quello di Haiti è stato il terremoto più violento che si sia verificato nell’isola caraibica negli ultimi due secoli. Di terremoti simili, però, ne avvengono al mondo almeno una ventina l’anno ma quasi mai provocano centinaia di migliaia di morti. Solo a Sumatra, qualche anno fa, i morti furono 250.000 ma l’ ci fu anche un micidiale maremoto.
A parte le scale delle diverse magnitudo, le principali cause del gran numero di vittime sono sempre le stesse: sovraffollamento e abitazioni inadeguate alla violenza della terra.
Anche questa volta ad Haiti, pur con un rischio sismico conosciuto, l'estrema povertà della regione, la corruzione e una amministrazione generosa hanno fatto sì che la case fossero costruite anche in carenza di norme antisismiche. Criteri mancanti anche in palazzi autorevoli, pur realizzati in cemento armato. Con il paravento del cemento ma senza tecnologie antisismiche, sono stati numerosi i palazzi che si sono accartocciati su se stessi.
Trasferendoci in giro per il mondo sono tante altre le città stracariche di abitanti con milioni di esseri umani radicati nel cuore di antichi nuclei. Questi vengono ‘colonizzati’ con costruzioni fatiscenti e insicure. Accadere quindi che vecchie case rimangano in piedi accanto a palazzi moderni distrutti, o che altri edifici che vengono messi sottosopra senza però fracassarsi, come gigantesche scatole di cemento armato affastellate le une sulle altre.
Le megalopoli, comunque, continuano ad attrarre inesorabilmente milioni di disperati nullatenenti dalle campagne di tutto il mondo, gente che non ha posto migliore per insediarsi e ha l’unico desiderio di abbandonare le terre non più produttive. Nelle megalopoli si assiepano bidonville e favelas: di certo proprio lì si concentreranno i danni e i morti dei terremoti del futuro, che saranno sempre di più le falci della povertà.
Un rapido calcolo sugli ultimi mille anni fa registrare almeno sette-otto milioni di morti sotto le macerie e tutto lascia intendere che le statistiche non rimarranno ferme.


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