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Del seguente articolo:

Maggio-Giugno/2008 -
Acquisti a rate, italiani più poveri
Andrea Nemiz


C’è gran parte dell’Italia che compra ‘a rate’ e almeno mezzo milione di famiglie ha difficoltà nel restituirle. Nella economia delle famiglie il tasso annuo dei consumi 2001-2006 ha avuto una crescita media annua del +0,8%, a fronte dei redditi che nel periodo 2000-2004 sono cresciuti del +0.5%: gli italiani che ritengono inadeguato il proprio reddito sono al 74%, quelli che prevedono il rischio povertà al 36%. In una elaborazione sui dati 2007 di Istat, Isae e Eurobarometro, il Censis rileva che il 58% delle famiglie restituisce senza difficoltà le rate per i debiti contratti, il 35% con qualche difficoltà, il 6% con molta. L’1 %, infine, non rispetta le scadenze. A fronte di chi ha capito la globalizzazione, e ha saputo muoversi nella direzione giusta cogliendone le opportunità, c'è anche un chi fa i conti con entrate da 1500 euro al mese e che – dalla moneta unica in poi - ha visto crollare la sua capacità d’acquisto. Esiste una fetta di popolazione attiva - ha rilevato il Censis - che impegna ingegno, fantasia e tempo libero soprattutto per arrivare alla fine del mese. Si muove con una certa disinvoltura fra credito al consumo e offerte low cost. Qualche volta, però, sbaglia i conti e non ne esce. Sono oltre centomila le famiglie che mancano le scadenze debitorie Certo non sono per ora queste stime drammatiche e pare che il fenomeno sia sotto controllo. Ma la difficoltà a coprire le rate, o a non pagarle affatto, è pur sempre quel 7 per cento delle famiglie che hanno contratto, a vari livelli, un debito. E non ci si riferisce davvero alla casa, ma ai costi quotidiani. Fra le varie strategie messe a punto per arrivare comunque alla fine del mese senza rinunciare a tutto c'è infatti la caccia a quelle che il Censis definisce «le risorse aggiuntive». Credito al consumo in primis: dai 48 miliardi di euro del 2002 siamo passati agli 85,6 del 2006. Il 78 per cento in più in quattro anni. E' rifiorito l'acquisto a rate scelto dal 45 per cento delle famiglie per mettersi in casa beni che non potrebbero mai permettersi in contanti. Recuperato così un po’ di liquido, si passa alla revisione strategica del consumo di famiglia. Sono 90 gli italiani su cento più che sicuri che l'arrivo dell'euro abbia infiammato i prezzi; costringendoli a fare i conti con meno soldi di quanti necessari. Considerate le crescenti spese per la casa (mutui a parte anche gli affitti sono andati alle stelle aumentando, in sei anni a Roma, dell'85 per cento e a Milano del 51) e fatti i conti con il caro bolletta (sei milioni di famiglie si dichiarano in difficoltà nel pagare quelle della luce e del gas) da spendere resta ben poco. Il resto dello stipendio deve coprire consumi e, eventualmente, il tempo libero Occorre quindi dare valore allo stipendio che rimane: come? A parte l’acquisto della casa d'abitazione in periferia, per esempio (con relativa «esplosione» del pendolarismo), si tocca anche l’assurdo nella selezione su cosa e dove comperare. Nella revisione di conti/spesa perdono quota gli alimentari, ma sale la tecnologia: benissimo tutti i servizi per la telefonia e solo nei primi tre mesi del 2007 cinque milioni di utenti hanno speso 91 milioni di lire per acquistare brani musicali, giochini o quant'altro possa essere scaricato sul cellulare! Benissimo vanno anche i videogiochi, business da 750 milioni l'anno, anche se per averli si dovrà poi riempire il frigo al discount (fra il 2004 e il 2006 hanno aumentato il fatturato globale del 45 per cento) e si viaggerà e ci si vestirà rigorosamente low cost. Il volume d'affari di questa tipologia di acquisto è di 70 miliardi di euro l'anno (mille in Europa) e il 60 per cento degli italiani lo utilizza già o vorrebbe farlo. Finiti anche i tempi della fedeltà alla marca e del negozio di fiducia: in media ogni famiglia italiana utilizza almeno 21 punti vendita di beni di largo consumo. Per sopravvivere dunque si sopravvive, ma certo uscire dalla poltiglia delle spese per questa larga fetta di popolazione sarà indubbiamente più difficile. Anche perché le prospettive di reddito futuro non sono alte e il lavoro (specialmente per i giovani) è sempre più spesso precario e atipico: quasi due milioni di lavoratori hanno trovato occupazione, ma nel 38 per cento dei casi è a termine e quasi nel 9% è co.co.pro. E alla causa non giova affatto la scarsa partecipazione al lavoro delle donne (nella graduatoria europea ci ha superato anche la Grecia) né il fatto – sottolinea il Censis - che una fetta consistente dell'economia del paese sia controllata dalla criminalità organizzata. Con questa massa di famiglie in difficoltà, 100 mila insolventi, l'occupazione che aumenta, ma non i salari, lasciando a casa le donne, con un tasso di occupazione femminile che ci pone al ventisettesimo posto in Europa, dopo la Grecia. I laureati vanno all'estero (12 mila in un anno: prima era la fuga dei cervelli, adesso semplicemente la fuga), i pendolari aumentano di milioni e maledicono le strade intasate e il trasporto pubblico da terzo mondo. E la politica, raccoglie la sfiducia di oltre l'80 % degli italiani.


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