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Del seguente articolo:

Luglio-Agosto/2007 -
Alimentari, prezzi ‘caldi’ in autunno
Carlo Rodorigo


L’anno 2007 che si avvia verso l’epilogo, si preannuncia davvero preoccupante per i prezzi dei generi alimentari di largo consumo, investiti negli ultimi mesi dalla vorticosa raffica di rincari delle materie prime. Una stima dei possibili aumenti è stata fatta da un’associazione di consumatori, l’Adoc Piemonte.
Quali sono le cause principali che legano gli aumenti selvaggi di cereali, latte e prodotti affini? Secondo l’ADOC il caro-petrolio e le tragiche conseguenze dovute all'effetto-serra sono due grosse questioni, cui molti Paesi del mondo stanno cercando di porre degli argini incrementando la produzione di carburanti di origine agricola, i cosiddetti ‘biocarburanti’ (soprattutto etanolo e biodiesel). Ciò sta determinando un crescente utilizzo di cereali, oli, canna e bietole da zucchero per la produzione di carburante.
La forte domanda di biocarburanti sottrae lo spazio necessario alla coltivazione per produrre cibo e a questa minore disponibilità di detrarre per uso alimentare va aggiunta l'applicazione della nuova politica agricola europea, tesa a ridurre le produzioni. L'assommarsi di queste motivazioni non permette approvvigionamenti sufficienti e provoca diffusi fenomeni speculativi.
Spiegato l'aumento del prezzo dei cereali, a ruota viene immediatamente investito ogni comparto, compreso quello dell'alimentazione animale e dunque l'allevamento. La sussistenza degli allevamenti, infatti, è vincolata dai mangimi, prodotti soprattutto con cereali e oleaginose come la soia. Inevitabile a questo punto l'aumento di carne, uova, latte e derivati.
Sembra dunque chiaro che un boom di inflazione su questi comparti sia abbastanza prevedibile, poiché il peso dei nuovi listini delle materie prime e della trasformazione si trasferirà sui prezzi al consumo.
Ad aprire il rincaro dei listini, è stato il grano, la cui quotazione è volata verso l'alto del 60% rispetto all'anno scorso, con un differenziale del 10% al mese solo nell'ultimo trimestre: un duro colpo per l'industria della panificazione e della pasta. Il peso della farina corrisponde a circa il 50% dei costi di produzione, e sta quindi spostando i rincari sui prodotti finali.
Parallelamente i prezzi del latte in polvere sono saliti, negli ultimi tre mesi, del 100%; mentre quelli del latte naturale e dei suoi semilavorati rispettivamente del 25% e del 35%. Il burro, invece, dall'inizio della primavera a oggi, è aumentato del 40% e quello per l'uso specifico di pasticceria è rincarato addirittura del 70%.
Se a questi dati aggiungiamo anche la crescita dei prezzi della frutta, in special modo quella più soventemente ricercata per dolci e marmellate (fragole, lamponi e amarene registrano una crescita dal 60 al 70% rispetto all'estate scorsa), giungiamo alla conclusione che il prodotto finito si stabilizzerà su un costo insostenibile.
Questi rincari mettono a rischio molti prodotti della nostra tradizione alimentare (altro caso emblematico può essere quello degli spaghetti se al rialzo del costo del frumento da pasta si aggiunge quello del pomodoro nell'ordine del 30% rispetto all'anno scorso) perché i prezzi hanno raggiunto livelli assolutamente allarmanti e l'impennata dei valori rischia di avere una pesante ricaduta sugli scaffali e di conseguenza sulle nostre tavole.
Ma non solo. In relazione a questi paventati aumenti si potrebbe fare un esempio concreto per altri alimenti di largo consumo, come le cosiddette ‘merendine’ che, secondo alcune previsioni, rischiano di assumere l'appellativo ‘snack d'oro’.
Da una recente indagine sui dati delle associazioni Codacons, Adoc, Adusbef, Federconsumatori, i prezzi regionali rilevati da un quotidiano della Toscana hanno subito balzi a due cifre anche per latte, burro e spaghetti. Le cifre lievitano in silenzio, ma con la regolarità di un orologio svizzero. In realtà non si fermano mai, al punto che, sostengono i ricercatori, varrebbe veramente la pena di lasciar perdere le etichette di carta, ormai chiaramente inadeguate, e passare alle piastrine hi-tech, quelle che si correggono automaticamente via radio a colpi di mouse. I costi dei prodotti sono stati elaborati sui prezzi veri al consumatore, e non solo ipotizzati dai titoli ad effetto della stampa sui tradizionali aumenti settembrini, cioè con quella diabolica pratica che sembra fatta apposta per svuotare sempre di più il portafoglio e rovinarci il rientro dalla ferie.
In realtà, in questi ultimi anni, dall'avvento dell'euro in poi, non sembra davvero più tanto corretto parlare soltanto di ‘autunno caldo’ per alimentari e servizi, visto che gli incrementi, complice il sistema dei centesimi, si estendono praticamente per tutto l'anno. E se si provano a fare confronti su un arco temporale di media lunghezza sono davvero dolori e brutte sorprese: tanto per fare qualche esempio concreto, rispetto al febbraio scorso, cioè in meno di otto mesi, il pane è salito del 23 per cento, il latte del 12, l'acqua minerale del 17, la pasta del 10.
I ricercatori che hanno effettuato questi rilevamenti - ovviamente senza alcuna pretesa scientifica - si sono basati su un concetto abbastanza semplice: individuare quali prezzi si trova davanti un cittadino o magari un turista che abita o passa da una delle località prese in considerazione da questa inchiesta. E soprattutto, quali sono gli incrementi rispetto ad un sondaggio analogo effettuato a febbraio e le differenze tra un'area e l'altra.
Un lavoro, questo, che stavolta ha messo sotto la lente solo la grande distribuzione, cioè iper e supermercati sparsi in diversi centri di grande vendita regionali. Il ‘paniere’ sottoposto a verifica era strutturato su un chilo di pane comune, un litro di latte di marca parzialmente scremato, 500 grammi di pasta di buona qualità, analogamente per 500 grammi di caffè, 240 grammi di tonno, 250 grammi di burro, un litro e mezzo di acqua minerale, un chilo di arance, un chilo di pomodori da insalata, un chilo di zucchine.
Dagli esiti della ricerca, se a proposito del costo del pane si volesse ipotizzare un suo pacchetto azionario, esso sarebbe un investimento sicuro. Sì, perché il prezzo del pane, soprattutto di quello ‘comune’, cioè del più economico, sembrerebbe ormai quotato in borsa, visto che da febbraio a oggi la media è passata da 1,55 euro al chilo a 1,91, con un incremento secco del 23 per cento. Ma non si scherza neanche con il burro che vola da 1,17 a 1,68 (più 43%), con l'acqua (da 40 a 47, più 17%), con la pasta (da 0,55 a 0,61, più 10%), con il latte (da 0,88 a 0,99, più 12%) e con il caffè (da 3,58 euro a 3,92, più 9%).
Notizie confortanti, invece, sul prezzo del tonno che nel periodo in esame è calato di 6 punti in percentuale, mentre un discorso a parte va fatto per la verdura, soggetta come si sa ad un andamento stagionale: questo, almeno in parte, giustifica il clamoroso aumento delle arance (notoriamente molto più care in estate) che sono salite da 1,08 euro al chilo fino a 1,84, equivalente a un secco più 70 per cento, con pomodori e zucchine che invece sono scesi a meno 17% i primi (da 1,87 a 1,55), meno 15 le seconde (da 2,20 a 1,86).


FOTO DI PAOLA PERZIANO


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