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Del seguente articolo:

Settembre-Ottobre/2004 -
Tradizioni e cultura
Santa Rosa a Viterbo: storia di oggi ma antica di otto secoli
Carlo Rodorigo

Entrando a Viterbo da Porta Romana, provenendo dalla Cassia vecchia, ci viene incontro una statua in marmo: quella di Santa Rosa, con il suo umile abito monacale e con una grande croce tra le braccia. Questa è l’immagine di una santa alla quale ogni abitante di Viterbo fa riferimento ovunque si trovi.
Rosa morì giovanissima, a venti anni, nel 1251. Nella sua breve vita combatté contro l’eresia molto diffusa in Viterbo, abbracciata alla sua croce. Non mancarono per lei tempi di esilio e proprio a causa di questo suo fervore non venne accettata mai nel monastero delle Clarisse, nonostante la sua devozione.
Dall’archivio del Monastero di Santa Rosa possiamo erudirci su quanto può interessare questa giovane Santa. Tra i primi ritratti di Santa Rosa è memorabile quello in cui viene raffigurata come una giovane di una delicata bellezza, vestita di una modesta tunica, che predica mostrando al popolo il Crocifisso. La ritroviamo ritratta in Assisi nei dipinti di scuola giottesca. Nel XV secolo è rappresentata nella chiesa di San Francesco a Tuscania ed ancora nel Monastero delle Clarisse a Viterbo.
Anche se viene ritratta in vesti suntuose, in questo periodo, verrà di nuovo raffigurata con la veste francescana da lei tanto desiderata, e via via sulle tele di pittori italiani e stranieri, come nella tela custodita in Spagna nel museo di Salamanca dove è incoronata da un serto di rose. Ed ancora dipinta da Gregorio Vasquez a Bogata.
In ricordo di questa Santa, ogni anno nella città di Viterbo viene allestita una memorabile festa la cui solennità è conosciuta oltre i confini regionali e nazionali.
Gli eventi che porteranno alla conclusione della festa di Santa Rosa, si snodano per tutto il mese di settembre e questo giustifica l’emozione indescrivibile che pervade quanti attendono questa ricorrenza memorabile. Quest’anno l’Amministrazione comunale ha ricevuto ospiti illustri, autorità di governo e ambasciatori, giornalisti, rappresentanti del mondo dello spettacolo, oltre a tanti nomi di prestigio.
Anche le televisioni straniere sono interessate alle riprese del trasporto della “macchina di Santa Rosa”. Per chi non lo sapesse possiamo semplificare dicendo che è una sorta di “campanile che cammina” nella notte del capoluogo della Tuscia.
Nel mese di settembre la città riunisce tutte le sue forze per attuare eventi e manifestazioni. Lo scopo ultimo è il trasporto della “Macchina di Santa Rosa”, ma è il periodo dell’anno in cui si può assistere a spettacoli, esposizioni artistiche e manifestazioni di ogni genere.
Quest’anno molti sono stati gli appuntamenti prestigiosi: teatro, danza, concerti, lirica… promuovendo scambi culturali numerosi. E’ uno spettacolo, quello della “Macchina” che “vale la pena di vedere”, come sollecitò Giovanni Paolo II dopo aver assistito a questa celebrazione circa venti anni fa.
Gli ospiti di questa manifestazione sono tornati alle origini di una secolare tradizione, riscoprendo la storia di questa giovane Santa, alla quale è dedicata la festa.
La “Macchina” è trasportata a braccia dai “facchini”, uomini orgogliosi di questa loro fatica. Il corpo di Santa Rosa è conservato nel monastero dedicato a lei. Le prime manifestazioni di culto iniziarono nel Trecento, ma ancora oggi il mito della Santa si rinnova ogni anno. Da semplice festa religiosa, nel 1512 divenne festa solenne, con il trasporto dell’alta costruzione, illuminata da mille luci, nella notte del 3 settembre. Essa percorre le vie del centro tra due ali di popolo attratto dalla fede e dall’eccezionale spettacolo. Con questa insolita processione si ricorda e si perpetua il ricordo del trasporto del corpo di Santa Rosa dalla prima sepoltura al monastero al quale fu dato il suo nome. Da una semplice edicola si è giunti all’attuale costruzione che sfiora un’altezza di trenta metri, a dimostrare l’amore immenso che i viterbesi hanno per la loro Santa.
Questo monumento, nel buio completo ed illuminato soltanto da lumini, è un capolavoro di forza e abilità e specialmente di vigore fisico, necessario per sostenere l’enorme peso della costruzione in cima alla quale s’innalza la statua di Santa Rosa. Questi uomini devono rispettare una perfetta sincronia di movimenti per evitare oscillazioni data la considerevole altezza.
La Macchina di Santa Rosa ha subito uno sviluppo progressivo sia come estetica che come progetto costruttivo. Partendo dal neoclassico, al gotico si è arrivati, alla realizzazione moderna. Ma ciò che rende indimenticabile questa manifestazione è la religiosità che da settecento anni resta immutata nel cuore di chi vi assiste.
La leggenda narra che papa Alessandro IV nel 1258 abbia sognato Rosa (morta sette anni prima) che chiedeva che il suo corpo, sepolto nella nuda terra, fosse traslato nel Monastero delle Povere Dame di San Damiano. Il desiderio della Santa fu esaudito e l’attuale festa di settembre ricorda la traslazione nel convento, ora chiamato con il nome della Santa.


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