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Del seguente articolo:

giugno- luglio/2004 -
Mode, modernità, architettura -Una ricerca del Laboratorio di Teorie e Critica Architettura Contemporanea alla "Ludovico Quaroni"
Roberto Secchi

Con un seminario di studi nel quale si sono intrecciati contributi di studiosi in campi diversi, il Laboratorio di “Teorie e Critica” della Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” della “Sapienza”, ha colto il fenomeno delle mode architettoniche in un loro più vasto quadro, interrelarndone criteri e strumenti di analisi. Nei contributi alla ricerca, in evidenza l’intento di esplicitazione di un proprio percorso fra i termini della formulazione del tema - mode, modernità, architettura - per imbastirne un approccio non eccessivamente specialistico.
Ne è nato un omogeneo e composito quadro d’insieme teso sia a illuminare i vari aspetti
del fenomeno delle mode, che a porre quesiti sui temi suggeriti dal trinomio di ricerca.



“Abbiamo tutti sentito esprimere apprezzamenti negativi sulle mode. Nel bel mezzo di interessanti dissertazioni un cenno all’esigenza dell’oltrepassamento delle mode o dell’ostentazione orgogliosa del proprio percorso intellettuale in tal senso è d’obbligo. Chi no ha mai abusato di questo artificio retorico scagli la prima pietra. Difficile non cedere alla tentazione di presentare il proprio prodotto come resistenza od opposizione alle mode. Quanta paura del transitorio e quanto timore di essere confusi! Siamo così certi che le mode meritino quel ruolo negativo che quasi tutta la letteratura sembra attribuire loro? Può il discorso sulle mode essere ribaltato in positivo cogliendone la vitalità nella determinazione dei processi artistici, estetici, etici e sociali? Non sarà il caso di coglierne insieme con la fuggevolezza e la frivolezza, che ne fanno una cifra della modernità.il profondo legame con il consumo, dunque con l’uso, dunque con la reificazione del prodotto artistico nel flusso della vita?
Se moda è espressione momentanea di un gusto, limitato ad un certo gruppo sociale e sempre sul punto di estinguersi in funzione di un avvicendamento, non è anche, proprio perché espressione “momentanea”, perfetta rappresentazione del clima di un certo segmento del tempo?
Come le mode formano (condizionano) il nostro modo di percepire, sentire, concepire l’architettura?
Non sarà che proprio passando attraverso le mode, parlando di mode, riflettendo su di esse ci si possa avvicinare di più alle cose, comprenderne i significati, rimettere in contatto le forme dell’architettura con la realtà?
Il rapido avvicendamento delle mode costituisce il tratto distintivo più evidente con il quale l’architettura contemporanea si offre alla nostra percezione. Il rapido decadere delle forme e la frenetica creatività , che hanno caratterizzato tutta la modernità, assumono oggi ulteriori manifestazioni nella produzione e nel consumo dell’architettura, sino a rivestire un ruolo centrale, ed esserne quasi spiegazione esaustiva. La quantità enorme della produzione di immagini e slogan, l’effetto moltiplicatore della loro comunicazione producono l’impressione del succedersi di ondate di figurazioni ar-architettoniche di successo, che si abbattono sulla pubblicistica e finiscono sui tavoli da disegno come nelle aule universitarie senza cessa. E senza spiegazioni. Le mode sono una necessità. Una necessità degli uomini di riconoscersi, seppur transitoriamente, in qualche codice che faccia sentire loro di appartenere ad un gruppo ed al tempo stesso distinguersi - ci ha insegnato simile - e anche essere moderni, cioè soggetti, in movimento verso l’alto, pronti a modificarsi e a modificare, bisognosi di soddisfare i propri desideri e di spingere sempre altrove i propri sogni. Le mode ed il loro avvicendamento costituiscono “una legge profonda della realtà”, la dinamica della modificazione della specie umana, interne e circostanziale, necessaria alla riproduzione ed alla perpetuazione - ci ha insegnato Ortega Y Gasset. Studiare le mode significa studiare questa dinamica.
Il passaggio attraverso una materia, a lungo oggetto del distacco, se non del disprezzo, di intellettuali e architetti, l’osservazione di un fenomeno ritenuto secondario, se non addirittura estraneo alla disciplina, affare della sociologia, dell’antropologia e della psicologia, terreno privilegiato dalla sola architettura disimpegnata, appare oggi sfida ineludibile. Sono in gioco le problematiche dell’auto rappresentazione dell’identità e della differenza, della illimitata estensione della comunicazione e della sua riduzione al consumo nell’interiorità, delle mitologie contemporanee e dei loro topoi. Nella dinamica delle mode vi è la modificazione dei modi di esistere e di sentire, modificazione di sé e del proprio ambiente, impersonali automatismi e domini subliminali, mobilità, instabilità, precarietà. Possibile apertura al riconoscimento dell’altro?
Il fenomeno delle mode attraversa l’intera stagione della modernità ed è stato oggetto di analisi ormai classiche. Come si aggiornano le sue categorie interpretative nell’era della globalizzazione, della pubblicità, dell’eccesso di comunicazione, dell’interattività? Riflessioni sul fenomeno delle mode sono state condotte in sociologia ed estetica. Basti ricordare Rimmel, Kracauer, Adorno, Baudrillard, Barthes o Dorfles. In base alle loro elaborazioni il tema della moda è essenziale per comprendere la modernità e le sue dinamiche, come vagliarne continuità e discontinuità con il Contemporaneo? Questi temi affrontati soprattutto dall’estetica, dalla sociologia, dall’antropologia culturale e dalla psicologia sono stati piuttosto trascurati dalla critica architettonica e dalla storia dell’architettura, trattati semmai dalla “Storia sociale dell’arte”.


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