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Del seguente articolo:

maggio/2004 -
Il pronto intervento nella Roma di Augusto
Anna Mascia

Il praefectum vigilum sovrintendeva nelle regiones, sovrintendeva agli excubitoriadi un tribunus e dei suoi centuriones, vigilavano sul fuoco.

Per chi non lo sapesse, i Vigili del Fuoco, almeno a Roma, hanno una storia assai antica. È comprovato dalle ri-produzioni di alcune epigrafi che risalgono al secondo secolo a.C.
Se a Roma ci si addentra nel cuore di Trastevere, di fronte alla chiesa di San Cosimato, in una strada di pochi metri,
si può ancor oggi trovare una porticina sormontata da un architrave ottocentesco che riporta questa scritta: "Stazione coorte Settima". Di che si tratta? Semplice: è uno dei numerosi posti fissi nei quali operavano i Vigili del Fuoco dell’antica Roma. Sulla sinistra del portale, un’iscrizione che contiene qualche notizia e il tutto è sormontato dallo stemma di papa Pio IX.
Il complesso archeologico, venuto alla luce nell’800, è situato a circa otto metri di profondità: effetto, questo, delle sovrapposizioni o stratificazione urbanistiche nei secoli. Sin dalle prime fasi dello scavo (continuato e ultimato dopo la caduta del potere temporale nel 1870), apparve subito chiara la destinazione degli ambienti che erano venuti alla luce e ciò grazie agli innumerevoli graffiti presenti sulle pareti e che facevano riferimento, appunto alla VII Coorte dei Vigili che, secondo
la riforma dell’imperatore Augusto, erano preposti alla sorveglianza delle regiones in cui era divisa Roma (i rioni di oggi).
In particolare, questo antico edificio venne identificato come un excubitorium o corpo di guardia, come si direbbe oggi, distaccato appunto nella VII Coorte, cioè Trastevere, e la cui sede centrale, con molto probabilità, era allocata in Campo Marzio. La testimonianza più originale e notevole è offerta
da un centinaio di graffiti (nessuno dei quali è pervenuto
sino a noi mentre, fortunatamente, il loro ricordo è oggi tramandato dalle trascrizioni effettuate nel corso degli scavi
ottocenteschi).
Tracciate tra il 215 e il 245 a.C. dai militi sulle pareti intonacate (certamente nei momenti di riposo} queste iscrizioni hanno gettato uno sprazzo di luce sulla organizzazione dei Vigili e sulla loro vita di caserma.
In esse, infatti, ricorrono non soltanto il saluto agli imperatori e i ringraziamenti agli dei, ma viene anche indicato il nome
e il numero della Coorte, i nomi e i gradi dei Vigili.
Ma chi erano i militi che prestavano servizi nelle Coorti? Era un corpo incaricato di vigilare sugli incendi, per prevenirli - ove possibile - ovvero intervenendo per domarli. Fu proprio l’Imperatore Augusto che riformò completamente il
servizio dei vigili che furono incaricati così, non solo
di spegnere incendi, ma anche di provvedere alla sorveglianza notturna della città al fine di prevenire incendi dolosi (anche allora. ..) oppure, prevenire i furti. Fu anche stabilito che
i Vigili dovessero essere reclutati fra i liberti (gli schiavi
liberati) i quali, dopo sei anni di servizio (poi ridotti a tre) potevano ottenere la cittadinanza romana.
Di Coorti ne furono istituite sette, ciascuna composta di mille uomini e suddivisa in sette centurie di circa 160 uomini. Il corpo era al comando di un praefectum vigilum (guarda caso, proprio come avviene oggi…)
In base alla divisione della città voluta da Augusto in 14 Regiones, ogni Coorte doveva assicurare il servizio nel territorio di due Regiones e aveva la caserma vera e propria in una di esse e un distaccamento - o corpo di guardia (excubitorium) nell’altra. Ogni Coorte era comandata da un Tribunus e le centurie da un Centurione cui si affiancavano dei sottufficiali (adiutores centuriones).
Ciascun reparto era composto da specialisti nelle varie mansioni: acquarii (addetti alle pompe) che possono considerarsi
i veri e propri Vigili del Fuoco di oggi; i balneari, incaricati nella vigilanza delle terme pubbliche; gli horrearii, sorveglianti dei magazzini; i carcerarii (cioé i carcerieri) e i questionarii addetti agli interrogatori dei prigionieri
Di tutte le mansioni la più importante e gravosa era senz’altro il servizio prestato negli incendi, sempre così frequenti in una città con case a più piani costruite con largo impiego di legno, specialmente in un quartiere come il Trastevere che dobbiamo immaginare con strade strette e spesso occupate dai banchi delle botteghe.
L’organizzazione voluta da Augusto, dunque, era in grado di assicurare un "pronto intervento" in tutta la città disponendo anche di tutta una serie di appositi strumenti: oltre a pertiche, scale e corde (funes), venivano utilizzati i centones, una sorta di grandi teli che, opportunamente bagnati, potevano soffocare o isolare le fiamme.
Si conoscevano anche le pompe a sifone (siphones) per tirare acqua attraverso tubature, quando non si ricorreva al più semplice sistema di passare, di mano in mano, recipienti (hamae) o secchi di giunchi (vasa spartea). Proprio questi ultimi attrezzi sono i …responsabili del nomignolo, forse vagamente dispregiativo, di sparteolii che veniva dato ai Vigili
dal popolo.


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