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Del seguente articolo:

settembre-dicembre/2016 -
Chi se ne è andato dall’Italia è bene non averlo più tra i piedi?
Andrea Nemiz

Recentemente il ministro del lavoro Giuliano Poletti, in una delle sue estemporanee uscite, ha detto: “Io conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata perché sicuramente questo paese non soffrirà moltissimo nel non averli più tra i piedi”. Pochi giorni dopo, riferendo in Senato sulle sue parole, si è ufficialmente scusato, sostenendo che quelle affermazioni erano in realtà molto lontane dal suo pensiero. No, l’esercizio delle scuse è troppo comodo e ce da chiedersi come possa una così alta autorità dello Stato commettere tali plateali errori.
Poletti è un Ministro preparato e soprattutto intelligente e non può non aver pensato alle conseguenze delle sue parole che offendono pesantemente tanti giovani, tante donne, tanti uomini (e tante delle loro famiglie), perché non riescono sbarcare il lunario o perché aspirano a una vita migliore e provano a lavorare all’estero. E che dire di quanti hanno scelto l’estero per fare volontariato? Oppure di quei giovani laureati, tanti ai massimi voti (e anche qui ci sarebbe da aprire un dibattito su altre frasi del Ministro relative ai valori di una laurea in tempi brevi, rispetto ad altre altisonanti ma non veloci...),
Non ci si può non chiedere, inoltre, perché il Ministro abbia pronunciato quella frase che ha sdegnato tanti giovani. Si tratta pur sempre di una personalità che ricopre un alto incarico (quello del Lavoro) di grande responsabilità nei confronti di tutti i cittadini. La facile collocazione del suo gesto e la sua autoassoluzione nel limbo della estemporaneità, non toglie peso a quella mancanza di stile nei confronti di chi stenta ad arrivare alla quarta settimana (o spesso anche alla terza), non ha soldi per fare studiare figli meritevoli, ha difficoltà a coniugare un pranzo con la cena.
Giuliano Poletti ha parlato con leggerezza, ma in piena coerenza con il senso e le conseguenze della grande riforma elaborata dal suo ministero: il Jobs Act, che ha incrementato lo sfruttamento e i licenziamenti a tappeto.
Come non vi è considerazione dell'essere umano nelle parole “meglio non averli fra i piedi”, così non ve ne è in questa legge che riduce gli individui a merce, a carne da lavoro al servizio del profitto. Con questa riforma i cittadini più giovani sono stati dati in pasto alla ferocia del mercato, che sfrutta e scarta, buttando via quello che non serve. La disoccupazione giovanile non è diminuita ma in compenso si è rafforzato il dispositivo “usa e getta” a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il ministro non ha chiarito perché “è meglio non averli fra i piedi”. Era arrabbiato con i giovani in generale? È pur vero che ultimamente i giovani italiani hanno dato prova di esistere, di non essere invisibili e impotenti, quando il “No” ha prevalso nel referendum del 4 dicembre 2016. È stato un duro colpo per il governo Renzi e probabilmente, sì, in quella circostanza sarebbe stato meglio non averne così tanti fra i piedi di giovani... Come molti analisti hanno sostenuto, le ragioni di chi al referendum ha votato “No” non sono da ricondurre esclusivamente alla difesa della Carta, ma anche allo scontento, alle misere condizioni misere in cui tanti sono costretti a vivere.
Stando le ultime rilevazioni del Censis, tanti giovani italiani sono più poveri dei loro nonni, nonostante siano molto più istruiti. Non hanno potere e non tentano di prenderselo, non hanno nulla da perdere, eppure molto spesso - giovani e non - sono costretti a piegare la schiena, al silenzioso sissignore sotto vessazioni padronali per continuare un misero precariato e conformandosi alle esigenze del potere.


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